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domenica 29 settembre 2013

Slow Economy. Rinascere con saggezza.

Slow economy. Rinascere con saggezza
TitoloSlow economy. Rinascere con saggezza
AutoreRampini Federico
Prezzo
Outlet - 55%
€ 7,65
(Prezzo di copertina € 17,00 Risparmio € 9,35)
Dati2009, 196 p., brossura
EditoreMondadori  (collana Strade blu. Non Fiction)
 
Disponibile anche in eBook a € 6,99

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Descrizione
Federico Rampini ci racconta, in un viaggio attraverso tre continenti e decine di città, quale forma sta per prendere il nostro futuro. Abbiamo di fronte a noi una lenta e inesorabile rivoluzione verde che ci porterà a produrre e a consumare in modo più consapevole; si percepisce nei comportamenti dei governanti e degli elettori il desiderio di un "Neo-socialismo" che spinga gli stati ad assumere iniziative politiche più ponderate e attente alla qualità dei servizi, del welfare e della vita in generale. Insomma, secondo Rampini si va profilando la rivoluzione tranquilla della "Slow Economy": un nuovo modello di sviluppo dove la crescita a ogni costo non sarà più la prima preoccupazione delle nostre società. Un modello di sviluppo in cui, come in una sorta di "Slow food" esteso a ogni aspetto della vita, ritroveremo tutti insieme un nuovo (e antico nello stesso tempo) equilibrio con il nostro ambiente lavorativo, naturale e sociale.
La recensione di IBS
Dopo la grande recessione che ha colpito il mondo intero, l'Occidente si trova a fare i conti con un modello di crescita rivelatosi fallimentare, centrato sulla corsa al consumo e sull'indebitamento, che ha precipitato i cittadini nel caos e nella paura. Federico Rampini, in questo suo nuovo saggio, sostiene che se a vacillare è un intero modello di vita, l'Occidente può forse cogliere un'opportunità di salvezza guardando a Oriente: a Paesi tornati a essere interlocutori imprescindibili, in primo luogo Cina e India (la Cindia di un precedente successo dell'autore), ma non solo. è qui che entra in gioco la Slow Economy, ovvero la via a uno sviluppo diffuso e sostenibile, volgendo sempre lo sguardo a una millenaria saggezza orientale fatta anche di risparmio e frugalità.
Dopo gli ultimi cinque anni trascorsi a Pechino come corrispondente di Repubblica, Rampini, che ora lavora a New York, descrive la nuova realtà lenta e a misura d'uomo dell'economia globale come un processo nel quale non sarà più soltanto il Pil a dettare legge nelle statistiche sul benessere dei Paesi. Considerare anche altri parametri, come quelli della felicità dei cittadini e del rispetto dell'ambiente, può essere secondo l'autore anche un vantaggio per tutti. In uno scenario di crisi nel quale a fine 2009 l'Italia è ancora immersa, questo libro sottolinea l'esempio virtuoso dei Paesi orientali: Cina e India che continueranno ancora a crescere, il Giappone che, con il nuovo governo al potere dopo 40 anni, promette di recuperare, e le nuove economie dinamiche di Vietnam e Cambogia.
Rampini ripercorre luoghi e storie in cui Occidente e Oriente si sono lasciati contagiare reciprocamente, in un avvincente viaggio nella memoria e nel futuro. Il cammino esposto in queste pagine ci avvicina a popoli e luoghi tanto remoti, traendo da essi spunti e suggerimenti per trasformare l'uscita dalla crisi in una vera rinascita. Come i racconti sull'estrema frugalità dei cinesi nei consumi: riutilizzare l'acqua di bollitura del riso per innaffiare le piante, utilizzare il lato libero di un foglio usato per le fotocopie, sono esempi di una mentalità attenta al risparmio e al riciclo che la Cina di oggi si porta appresso dal suo recente passato rurale e prevalentemente agricolo. La stessa mentalità slow Rampini la rintraccia nell'orto biologico allestito alla Casa Bianca dalla moglie del Presidente, Michelle Obama. In quell'esperimento domestico e familiare, il giornalista intravede lo spirito della slow economy che verrà: lotta agli sprechi, ai pesticidi, attenzione alla qualità del cibo e alla sua provenienza, campagna contro un'alimentazione ipercalorica fonte di tanti problemi di obesità tra gli americani.
Se sulla ricerca nelle energie rinnovabili e sulla qualità dell'istruzione secondaria la Cina sta superando l'Occidente più evoluto, molti americani stentano a riconoscere questa nuova supremazia per la vecchia abitudine a «credere che l'America sia il numero uno in quasi tutti i settori». Molti negli States ragionano ancora come venti, trenta anni fa. Molti tranne Barack Obama, consapevole delle svolte in atto. E questo bel saggio del nostro inviato analizza proprio il "passaggio di consegne" da Ovest a Est. Quando descrive il suo viaggio da Pechino a New York, scrive che è stato «come fare un salto nel passato». Il vecchiume dell'aeroporto e degli aerei newyorkesi, il decadimento della rete stradale-autostradale, il metrò scassato e maleodorante sono i segnali che in fatto di infrastrutture la Cina stravince la sfida con l'America. E questo confronto sorprendente, induce Rampini a indicarci la strada per ritrovare la modernità e l'efficienza smarrite.


Recensione di volpedoro
E'il primo testo di saggistica che ho letto e quindi il mio giudizio è abbastanza parziale. Questo libro è uscito con la crisi dovuta alle banche di Wall Street e propone un modo per uscire da questa deriva dovuta da una strategia speculativaa senza controllo della finanza e dall'esasperazione del modello capitalistico. Personalmente, ho trovato lo stile di Rampini estremamente piacevole e si capisce che parla con cognizione di causa. L'insieme di aneddoti è davvero molto bello da leggere, soprattutto perché indica tutte le caratteristiche di un approccio alla quotidianità tradizionale e insieme innovativo, contro il consumismo scriteriato. E'la parte più bella ma ho comunque notato numerosi paradossi. Il giudizio entusiasta, a proposito della "decrescita felice", con soluzioni come i risciò, cozza terribilmente con il dato di fatto che l'America, al momento della pubblicazione, era in crisi e la Cina, tanto lodata, giustamente, per i suoi antichi saperi, presenta comunque notevoli dissesti idrogeologici. Questo paradosso è sempre presente e fa sì che non riesca completamente la critica al capitalismo di Rampini. Il progetto di una necessità di un modello alternativo di economia non trova in Rampini una soluzione convincente perché i Paesi indicati come modello hanno delle luci e delle ombre che rende impossibile una completa corrispondenza tra il modello ideale e quello reale. In ogni caso, consiglio lo stesso questo libro. Con tutte le critiche possibili, Rampini mostra bene lo stato d'animo di quel particolare momento storico.

Voto finale:7

lunedì 16 settembre 2013

TFEIDE

L'INGORGO
OVVERO 
LA TFEIDE

Premesso che queste sono le opinioni di una futura laureata nella specialistica, molto ottimistiche visti i tempi, vorrei parlare della questione del TFA, il TIROCINIO FORMATIVO ATTIVO che dovrebbe servire, per quello che chiunque vorrebbe saperlo, a formare i futuri docenti delle scuole medie e superiori, compensando così coloro che andranno in pensione.
Quello che è successo negli ultimi anni, comunque, ha smentito tutte le sicurezze di chi, dopo essersi spaccato la testa per poter fare questo difficile mestiere, sperava che queste cose potessero aggiustarsi un po'. A partire dal 2006-2007 (anno in cui mi sono immatricolata nella triennale di lettere classiche), ho cominciato a seguire tutte le novità della questione, comprendendo quanto sia vero il detto "essere nel posto sbagliato al momento sbagliato".
La chiusura delle SISS ha complicato le cose.
Il governo ha chiuso un organismo che sfornava futuri precari, giudicando negativamente la qualità di coloro che uscivano da queste scuole, salvo poi prendersi i suoi tempi (della burocrazia, of course) per poter provvedere alla cosa. Che le SISS non fossero adatte era abbastanza chiaro. La durata di queste scuole ritardava non poco l'ingresso del futuro docente nel mondo del lavoro e tutto questo si è complicato quando la riforma MORATTI ha inventato l'improduttivo sistema delle lauree triennali e biennali. Questo sistema, basato sui crediti, ovvero un sistema di calcolo delle ore di ciascun corso, aumentava il numero di materie da studiare, il numero di esami e anche la mole della pressione che si esercitava sullo studente, costretto a studiare spesso gli stessi esami con leggere differenze di approfondimento e con la costante sensazione di avere la corda al collo per poter essere in pari con gli esami stessi, si è rivelato un fiasco. Inoltre, la chiusura del SISS e il desiderio di introdurre nuovamente un concorso pubblico per docenti, poneva nuovi quesiti.
Come si seleziona il personale?
La soluzione, almeno in termini concettuali, doveva scremare il numero sempre maggiore di persone in possesso di una laurea, tramite delle prove sempre più complesse. Non ci sono posti per tutti, questa è stata la spiegazione (naturalmente l'introduzione del maestro unico ha ridotto parecchio le cose...e le pretese delle scuole di avere dei docenti. I ridotti finanziamenti alle scuole castrano l'efficienza dei loro servizi, dall'assunzione degli insegnanti alla possibilità di prendere dei supplenti in caso di malattia di quelli in ruolo...ma queste sono considerazioni personali. Una goccia nel mare che non ha alcuna pretesa di essere un dogma). Improvvisamente, nell'a.a. 2009-2010, cambiò la distribuzione dei cfu. Nel 2006-2007 e nell'anno successivo erano di 5 e 10 crediti, corrispondenti a corsi da 30 e 60 ore.
Un credito vale 6 ore di lezione. Senza essere troppo venali, comunque, questo cambiamento rappresentava una svolta, l'annuncio della risposta delle scuole al bisogno di avere insegnanti professionali. Ovviamente questa modifica riguardava solo i nuovi corsi. In quegli anni, girava voce di prendere come modello l'ultimo concorso nazionale per il reclutamento degli insegnanti, datato 1999.
Alla fine, le università hanno deciso di sporcarsi le mani, dato il ritardo ministeriale, facendo loro un programma per creare nuovi docenti riconosciuti dallo Stato. Una soluzione legittima che nasce da un'emergenza. Una volta esaurita la spinta dei docenti reclutati negli anni 70, 80 e 90, chi insegnerà? Senza contare l'età pericolosamente alta dei docenti alle prime armi...ma questa è la conseguenza inevitabile dell'italianissima arte del traccheggio e del cazzeggio immediatamente conseguente (se ne occuperanno quelli dopo, a che serve farsi un mazzo così ora?). Nel 2011-2012, comunque, sembrò prendere il via l'uscita dal tunnel, con il famigerato TFA, visto come la panacea di tutti i mali.
Nasceva con ottime premesse, dal momento che la formazione degli insegnanti era dotata, a differenza del siss, di una base pratica, incarnata dai tirocini nelle scuole sotto l'egida di un insegnante esperto per un anno. Certo, lo sfruttamento era assicurato ma garantiva comunque un futuro professionale, con finalmente una sinergia tra università e scuole superiori della zona.
E poi?
Il bando del concorso seguiva alcuni criteri selettivi, come il possesso di tutti i cfu necessari per poter fare le prove d'ingresso e poi, passate quelle ovviamente, i veri esami di selezione alle singole classi. A farne le spese sono stati i laureati delle triennali e specialistiche attivate in base al decreto Moratti. Per dirla molto sinteticamente, non essendoci stata una procedura di conversione univoca dei sistemi d'insegnamento da 5 cfu a 6 cfu, per corsi che erano identici anno per anno, gli studenti hanno dovuto rifare gli stessi esami per dover recuperare 7, 4, 5, 2 o addirittura 1 cfu (in altre parole, fare un esame da 6 cfu, ovvero 36 ore per recuperarne solo 6. Per la serie, PAGHI TRE E COMPRI UNO).
ATTUALMENTE COME STIAMO?
Bella domanda. La partenza del TFA aveva lasciato molte timide speranze. Finalmente pareva essere chiaro in quale stramaledetto modo fosse possibile diventare insegnanti...ma l'uscita dal tunnel ha subito una battuta d'arresto. Il precedente ministro Profumo aveva lasciato disposto che dovessero essere fatti i TFA per coloro che si erano laureati prima della riforma Moratti e che pertanto avevano le materie giuste ma non il coefficiente di crediti. Sono nati i TFA speciali per questi tapini dispersi nella nebbia...CHE SI SONO MERITATAMENTE SALVATI. Quanto agli altri, invece, credo che dovranno arrangiarsi o, usando una terminologia scientifica, saranno cazzi loro. I concorsi saranno fatti, se saranno fatti di nuovo, sulla base del numero di posti vacanti (ovviamente se ci saranno finanziamenti ma, dal momento che, negli ultimi venti anni, il Paese ha dimostrato che l'istruzione è un optional, campando di rendita su eccellenze che di solito non sono la conseguenza delle loro scelte illuminate...fate un po'voi i conti. L'Italia non ha soldi da spendere e, se li ha, difficilmente lo farebbe per la scuola pubblica.). Come potrete capire, io non sono molto ottimista sulle decisioni ministeriali ma sono convinta comunque che qualcosa si farà lo stesso. Il pensionamento dei docenti è un dato di fatto e prima o poi si renderà necessario aprire la borsa per nuove assunzioni. Io, nel mio piccolo mi tengo pronta...poi si vedrà. 
Una cosa è comunque certa: il tentennamento ministeriale permetterà nuovamente il ripetersi dell'accumulo di aspiranti docenti che, senza più le graduatorie (chiuse da alcuni anni) non sapranno che pesci prendere...come le singole scuole, che non sapranno come assumerli, soldi permettendo.
E ritorneremo alla sindrome delle sardine chiuse in una scatola troppo piccola.