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Benvenuti al salottoclassico
Dove si parla di tutto e di niente, di libri e di storia, di film e di racconti. Un salotto senza pretese, per chi vuole parlar di cose pesanti e di sciocchezze
domenica 31 marzo 2013
lunedì 25 marzo 2013

STORICO O IN COSTUME?
IL DILEMMA DEI ROMANZI
Solitamente, è difficile dare una definizione sulla categoria dei romanzi storici. L'editoria partorisce ogni anno nuovi titoli, come se fossero una prolifica nidiata di conigli. Come è chiaro anche ad un profano, però, non è detto che il libro che troviamo sotto la categoria "storico" sia necessariamente un ROMANZO STORICO.
L'esempio più canonico di romanzo di questo genere è dato in primis, dai romanzi di Walter Scott e dai Promessi Sposi di Manzoni. Basterebbe dare un'occhiata a questi, evitando di pensare che, almeno per Manzoni, si tratti di un libro studiato a scuola (non so voi, ma ho sempre notato una certa reticenza nell'accogliere un libro messo nei programmi scolastici. E'come se entrasse in una sorta di universo parallelo, lontano dai gusti dei lettori).
Voglio essere chiara.
Buona parte dei libri che escono non sono romanzi storici veri e propri, semmai sono romanzi in costume.
Che differenze ci sono tra i romanzi storici e quelli in costume?
1 La documentazione. Chi scrive un romanzo storico ha alle spalle anni e anni di documentazione, attendibille e possibilmente scevra di corbellerie che non stanno in cielo né in terra. E'impossibile che un autore serio possa scrivere qualcosa ambientato nel passato, senza un attento studio dei libri.
Di certo, la superficialità nel romanzo storico non toccherà mai questo aspetto.
La base del genere si base su questa ricerca perché è necessario che i personaggi si muovano in uno spazio realistico. I romanzi in costume tralasciano un po'questo aspetto. Non passeranno mai in rassegna i fatti contemporanei alla vicenda dei protagonisti, preferendo curare l'intreccio.
Questo abbandono della storicità è comunque parziale: anche se l'autore non è interessato a dire i fatti storici, mettendo in mostra la sua erudizione, questo non gli impedisce di dare degli accenni, che hanno lo scopo di porre delle coordinate per un passato idealizzato.
Non si narreranno le vicende dei personaggi famosi ma si curerà meglio l'aspetto sociale, sia pure in modo incompleto anche su questo piano. Le sviste presenti, tuttavia, non importano molto al lettore. Quello che conta è l'aspetto emotivo.
2 I personaggi. Credo che siano uno degli elementi più visibili, che distinguono un romanzo storico da uno in costume. Parliamo soprattutto dei protagonisti, che hanno una rilevanza ovvia ai fini della trama.
Nel romanzo storico, il comportamento dei personaggi sarà il più fedele possibile alla sensibilità del periodo, con un'etica e delle convinzioni perfettamente attendibili all'epoca.
Pensieri attuali non sono ammessi, a meno che non sia documentato che ciò era possibile all'epoca.
Questa è la differenza sostanziale del romanzo storico da quello in costume. Il protagonista (metto il maschile ma consideratelo, almeno qui, un genere unisex) potrebbe assumere atteggiamenti anacronistici nel romanzo in costume, senza che vi sia una stonatura. L'empatia che si delinea con il lettore è alla base del successo della storia, poco conta che sia verosimile per l'epoca in cui è ambientata.
Conclusione. Il romanzo in costume è appunto una storia dove la fa da padrone lo scenario. I personaggi, come in un teatro, hanno gli abiti del periodo in cui si muove la trama, con uno sfondo abbozzato, per quanto curatissimo. Il punto debole dei dettagli non inciderà mai sulla trama che ha un posto privilegiato rispetto al resto.
Il romanzo storico invece ha nella verosimiglianza storica un punto di rilievo. A questo elemento, sono sottoposti tutto il resto, con la differenza che questo fattore è legato a tutto il resto: società, idee, fatti, economia ecc. Il romanzo in costume prende solo alcuni elementi. Il romanzo storico ha un'organizzazione più completa. Occorre dire che è molto difficile realizzare un romanzo storico. Lo stesso Manzoni ammise la difficoltà di inserire una storia inventata all'interno della STORIA.
Questo quindi serve a mostrare come la definizione di romanzo storico sia sempre qualcosa a cui bisogna fare attenzione. Fa fortuna in termini di business ma questo non va a braccetto con il contenuto.
Il lettore, dopo qualche romanzo, se ne farà un'idea.
venerdì 22 marzo 2013
Qualcosa di diverso: Dafni e Cloe di Longo Sofista
DAFNI E CLOE DI LONGO SOFISTA
Dopo aver parlato di Contratto Indecente, ho deciso di scrivere qualcosa su un'opera apparentemente diversa, che forse piacerà a pochi.
Sto parlando di Dafni e Cloe di Longo Sofista.
E'un'opera di età ellenistico romana, appartenente al cosiddetto romanzo greco. Non è molto conosciuta, al di fuori di chi mastica spesso latino e greco per colazione ma merita a mio parere una lettura perché è una delle prime opere di letteratura erotica che ci siano giunte e che ha insegnato l'erotismo ai posteri.
Cosa racconta questa storia?
Dafni e Cloe sono due giovani: il primo è figlio di un pastore, la seconda di un capraio. Entrambi vivono in un mondo bucolico e si distinguono da tutti per bellezza e sensibilità. A poco a poco, entrambi scoprono di provare qualcosa l'uno per l'altra...fin qui niente che non si sia già visto.
In realtà, questo romanzo è davvero bello.
La sua originalità nel narrare l'innamoramento tra i due procede per gradi. Dafni e Cloe seguono due percorsi paralleli e speculari alla scoperta del sentimento dell'amore che cominciano a sentire reciprocamente. L'erotismo è palpabile senza essere volgare ed avviene tramite la conoscenza di figure che i due troveranno sul loro percorso. Non voglio fare spoiler ma consiglio davvero questa lettura. L'opera è atipica anche per lo stesso genere del romanzo greco. Non ha intrecci pindarici, che portano i personaggi nei luoghi più disparati. Tutto rimane nel mondo bucolico ma questo non rende la storia pesante.
Mi rendo conto che il testo greco a fronte scoraggia un po'.
Il consiglio è di ignorarlo, se non si ha la passione per la lingua. La traduzione BUR è davvero ben fatta e rende piacevole la storia, sebbene la specularità delle vicende di Dafni e Cloe appaia a tratti ripetitiva. Il percorso dell'amore in Longo Sofista però segue uno schema ben preciso ed i due personaggi, almeno per un tratto, fanno le stesse cose...fino a un certo punto.
Leggere questo libro è davvero piacevole, anche per disintossicarsi dalla saga di Christian Grey. In fondo, si può fare erotismo anche senza scendere nei dettagli.
mercoledì 6 marzo 2013
L'angolo del lettore
L'ANGOLO DEL LETTORE: CONTRATTO INDECENTE DI JENNIFER PROBST

Io non sono una fan delle 50 sfumature, proprio per niente.
Non ho letto la serie, essendomi accontentata della tetralogia di Twilight, dove ho avuto non poche delusioni, pur avendo apprezzato alcune parti della vicenda. Per questo, quando ho sentito di questa autrice mi sono mossa con una certa cautela. Poi ho ceduto, colpa dello scritto sulla copertina...e, niente, mi ha conquistato.
Solitamente la letteratura erotica può essere un'arma a doppio taglio e chi scrive fanfic per diletto, se ne sarà accorto prima o poi. Non sempre il risultato è esaltante: o è buono o fa ridere i sassi.
Contratto Indecente non ha niente di particolare, a parte il fatto che è scritto bene, nel senso che tutti i meccanismi della narrazione non sono forzati e, nella maniera più semplice, la storia prende le mosse con un inizio non nuovo, con uno sviluppo naturale ed un finale che è, secondo me, convincente.
Se cercate qualcosa di originalissimo e assolutamente nuovo, questo non è il libro che fa per voi.
Perché comprarlo, allora?
Perché qui non si parla di scene di sesso ma di relazioni, con una buona attenzione ai rapporti di coppia, all'equilibrio tra le parti. Il difetto è che non ci sono grossi approfondimenti ma i personaggi comunque, pur nel loro possibile stereotipo, funzionano, nel senso che le loro azioni hanno un senso ai fini della narrazione. Il sesso c'è ed è descritto in modo soddisfacente (nel senso che, dove si parla di organi riproduttori, si usano i nomi appositi e non eufemismi ridicoli. Se si scrive una parte erotica, si scrive una parte erotica, punto.).
L'ironia è presente in ogni parte, rendendo l'erotismo accattivante senza essere eccessivo. Probst non introduce niente di nuovo ma ha il merito di saper scrivere quello che scrive...e non è poco.

Io non sono una fan delle 50 sfumature, proprio per niente.
Non ho letto la serie, essendomi accontentata della tetralogia di Twilight, dove ho avuto non poche delusioni, pur avendo apprezzato alcune parti della vicenda. Per questo, quando ho sentito di questa autrice mi sono mossa con una certa cautela. Poi ho ceduto, colpa dello scritto sulla copertina...e, niente, mi ha conquistato.
Solitamente la letteratura erotica può essere un'arma a doppio taglio e chi scrive fanfic per diletto, se ne sarà accorto prima o poi. Non sempre il risultato è esaltante: o è buono o fa ridere i sassi.
Contratto Indecente non ha niente di particolare, a parte il fatto che è scritto bene, nel senso che tutti i meccanismi della narrazione non sono forzati e, nella maniera più semplice, la storia prende le mosse con un inizio non nuovo, con uno sviluppo naturale ed un finale che è, secondo me, convincente.
Se cercate qualcosa di originalissimo e assolutamente nuovo, questo non è il libro che fa per voi.
Perché comprarlo, allora?
Perché qui non si parla di scene di sesso ma di relazioni, con una buona attenzione ai rapporti di coppia, all'equilibrio tra le parti. Il difetto è che non ci sono grossi approfondimenti ma i personaggi comunque, pur nel loro possibile stereotipo, funzionano, nel senso che le loro azioni hanno un senso ai fini della narrazione. Il sesso c'è ed è descritto in modo soddisfacente (nel senso che, dove si parla di organi riproduttori, si usano i nomi appositi e non eufemismi ridicoli. Se si scrive una parte erotica, si scrive una parte erotica, punto.).
L'ironia è presente in ogni parte, rendendo l'erotismo accattivante senza essere eccessivo. Probst non introduce niente di nuovo ma ha il merito di saper scrivere quello che scrive...e non è poco.
lunedì 4 marzo 2013
TELEFILM
Apro questo nuovo post, a proposito dei telefilm di tipo storico ed i film, ovviamente. Come salottoclassico, ho pensato che questo post sia necessario, anche perché è appena iniziata una serie molto ben costruita, a mio parere: I Borgia.

E'iniziata proprio ieri e devo ammettere che è davvero ben fatta. Storicamente parlando, non fa una grinza e comincia dal momento in cui muore il predecessore di Alessandro VI, per passare attraverso la corruzione dei vari candidati al soglio pontificio, agli attriti tra Cesare ed il padre, a proposito della carriera che quest'ultimo voleva per lui, al legame stretto tra Cesare e Lucrezia, alle relazioni tra Vannozza, madre dei figli del papa, e le nuove donne che occuperanno il letto del pontefice, in particolare Giulia Farnese.
L'attenzione al sesso e al sangue la fa da padrone ma il merito della regia sta nel non essercisi soffermati troppo, preferendo l'aspetto della trama e del complotto. Gli attori sono davvero eccezionali. Jeremy Irons è uno dei pezzi grossi di questa serie, abilissimo nell'esprimere la doppiezza di questo personaggio.
La serie ha il merito di evidenziare le varie fasi dell'elezione del papa ed è quasi ironico che questa serie venga trasmessa dopo l'abdicazione del pontefice.
In ogni caso, la cura delle varie parti della vita rinascimentale è davvero sorprendente, come la delicatezza con cui sono evidenziate le sfumature psicologiche dei vari personaggi (considerando però che stiamo parlando di attori che, in parte, hanno recitato in teatro, non dovremmo sorprenderci troppo. La classe non è acqua).
I costumi sono l'ennesimo punto di forza della storia.
Lucrezia è raffigurata nella maniera in cui l'arte ci ha trasmesso la sua immagine. Pur essendo il primo episodio, non posso che essere sorpresa in positivo da questo telefilm.
Promette molto bene, a mio avviso perché non eccede sui lati foschi in cui si poteva cadere con un argomento del genere.

LA FUNZIONE DEL CONGIUNTIVO
Allora, considerando che questo capitolo è stato lasciato un po' a sé stesso, forse è meglio dare un'ulteriore aggiunta allo studio di questo tempo così poco considerato.
Dopo aver parlato dei tempi del congiuntivo, dobbiamo dire che una delle sue caratteristiche più evidenti è il fatto che, tendenzialmente, è introdotto da congiunzioni come che. Non si tiene in piedi da sé ma deve essere accompagnato da questo tipo di particelle e, pertanto, non compare nelle frasi principali.
Per prendere dimestichezza con il congiuntivo, è bene, almeno agli inizi, usarlo con la congiunzione, evitando così delle forme sbagliate.
es. Io penso che tu abbia ragione. Corretto
Io penso che tu hai ragione. Sbagliato
La prima forma è corretta perché il congiuntivo mantiene la sfumatura del verbo della principale, che indica l'attività del pensiero. Il congiuntivo, del resto, è il tempo dell'ipotesi, dell'immaginazione, della riflessione, a differenza dell'indicativo che è il tempo della realtà.
Questo particolare purtroppo non viene percepito.
C'è sempre una minore sensibilità a questo tempo ed è un problema. L'influenza delle altre lingue, che hanno apparati verbali diversi dal nostro, non aiuta la sua conservazione.
Inoltre, la televisione non cura molto questo aspetto, con un linguaggio spesso poco corretto. Un secondo problema è che spesso il congiuntivo oscilla nei vari dialetti, con il risultato di essere un soggetto estraneo allo stesso linguaggio.
Un consiglio per un corretto uso del congiuntivo è di badare bene al verbo che regge queste forme. Premesso che il congiuntivo è il modo del pensiero, occorre considerare se il verbo della principale introduce una subordinata che indica un'azione pensata o una reale.
E'più difficile da spiegarsi che da vedere, anche perché l'indicativo, talvolta, propone forme corrette. Quello che davvero si perde è la sfumatura, tipica del congiuntivo, di chi, affermando qualcosa, conserva comunque fino all'ultimo il presupposto che ciò che dice vale per lui ma non necessariamente per l'altro.
Questa è sicuramente la vera bellezza di questo modo verbale.
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