PERCHE'LO STUDENTE TIMIDO/INTROVERSO
NON E'UN CRETINO
Questo post nasce da una considerazione che ho maturato in questi anni.
Ho sempre desiderato essere un'insegnante, fin dalle elementari.
Quello che davvero mi premeva era riuscire a tirare fuori dall'alunno, il talento in suo possesso, qualunque esso fosse. Le mie esperienze alle medie e al liceo sono state piuttosto altalenanti.
Le prime, drammatiche sul piano relazionale, ottime su quello dello studio.
Le seconde, grigioscuro nelle relazioni, idem per lo studio, con un rapido declino negli ultimi due anni. Premetto che sono sempre stata una persona molto studiosa, con un unico enorme difetto: una naturale introversione che, se messa all'angolo, diventa timidezza cronica. Non mi aspetto discorsi da psicologo perché non sono capace di farli ma posso dire che il docente ha un ruolo importante, nel saper cogliere le caratteristiche dell'alunno. Il maestro è fondamentalmente un'artista, nel senso che deve saper scoprire le doti dello scolaro e lavorarle in modo da dargli gli strumenti per poter emergere. Maieuitica, direbbe Socrate. I geni non esistono, a mio avviso e, se anche fossero, di certo il merito va anche a coloro che li hanno seguiti.
Se l'alunno è estroverso, per chi insegna è una passeggiata.
La sua naturale apertura lo fa apparire vincente, capace di mettere in campo le energie per emergere e per far vedere le sue doti. In sintesi è un leader nato, o comunque una persona promettente.
Il docente che lo segue fa uno sforzo minimo per spronarlo.
Diverso discorso vale per lo studente introverso, quello che parla poco, che partecipa scarsamente alla vita della classe, che sta sulle sue, che sembra impacciato e che magari non è un grande atleta.
Ecco, a mio parere, è con questo tipo di alunni che si vede quanto è bravo l'insegnante.
Rispetto a quello estroverso, bisogna scavare, per vedere il suo valore e non fermarsi alle apparenze.
Maieutica socratica, è lecito ripetere.
Come ex alunna, posso assicurare che questo talento è scarso tra i docenti.
Di solito, il timido viene visto come una sorta di fenomeno da baraccone da correggere, come se fosse una specie di soggetto difettoso della società. Nel mio caso, ammetto che la mia tendenza a stare sulle mie, che avevo fin dall'asilo, era stata vista come una stranezza per i miei ma, su suggerimento dei maestri, non aveva sollevato troppe pressioni su di me.
Tutto ciò è stato un bene e non posso non ringraziare i miei professori delle medie e le maestre delle elementari per non aver tentato di cambiare la mia natura per qualche idea preconcetta. E'inutile girarci attorno. Le persone non sono tutte uguali ma pochi credono davvero a questa massima. Di fatto, la tendenza maggiore e qualunquista vorrebbe che i ragazzi siano scapestrati, ribelli, una sorta di guerriglieri pseudosessantottini, se mi è concesso il termine.
Nel malaugurato caso in cui il soggetto sia invece timido, posato, introverso, tranquillo nei modi e gentile e diligente nello studio...bhé, allora è una sciagura, un difetto assolutamente da correggere, sintomo di un malessere di fondo, quasi emo, e passibile delle peggiori disgrazie per il futuro di questi.
Nei migliori casi, il professore/insegnante è propenso a forzare la mano per inserire l'interessato in attività di gruppo che hanno lo scopo di scongiurare l'isolamento. Il che non è completamente nocivo ma non muta nella sostanza quello che è essenzialmente un modo d'essere del ragazzo.
Nei peggiori, come è successo a me, si limita a fissarti da lontano, trattandoti come se fossi malata o con problemi psichici, con quella finta compassione che si vede talvolta negli ambienti bigotti e ipocriti di chi pensa di avere la coscienza a posto e (purtroppo) ci crede...salvo poi consigliare i tuoi genitori di mandarti a qualche campo solare
per aiutarti. Naturalmente, senza dirti tutto questo di persona.
Sarò franca.
Questo tipo di atteggiamento fa dei danni non da poco perché insinua il dubbio che l'introverso, lo schivo, il timido, sia un soggetto che soffre di qualche disturbo, incapace d'intendere e di volere. Il che è vero...ad essere soggetto che procura il danno è il professore che vuole omologare il ragazzo/a ad una maschera che non lo rappresenta ma che si ostina a imporre, per non mettersi in discussione. Ripeto:
la normalità non esiste. Non esistono persone normali ma persone che stanno bene con sé stesse.
Da timida, affermo di aver sofferto non poco questo falso buonismo, anche perché, pur essendo estranea al gossip, ho un sesto senso che non tradisce mai e a cui purtroppo non do sempre ascolto. Oltre a questo atteggiamento, quella docente perseverò con questa condotta durante gli esami, lasciando ben intendere nei modi, mai nelle parole, che ero un soggetto non recuperabile e che era già tanto se prendevo sette meno. Come se non bastasse, era una persona che faceva favoritismi e, con quello che aveva detto alla mia famiglia, si rivelò impossibile non sospettare dei suoi criteri di valutazione.
MI SPIEGO MEGLIO
Al biennio, avevo avuto una docente molto severa. Era una che dava al massimo 7 e mezzo e 2 se consegnavi il compito in bianco. Era uno di quei generali in gonnella che ti faceva un culo così, mazziandoti pesantemente se facevi una stronzata. Una volta mi fece una piazzata per un tema che, fin dall'inizio, avevo saputo essere una ciofeca. Ammetto che ci rimasi male ma sapevo di meritarlo. La professoressa era una dura, una donna con le palle cubiche...e la adoravo.
Sapete perché?
Perché non ti trattava come un bambino e perché, dalla sua condotta inflessibile, ti dava la garanzia che il 100% della valutazione era merito tuo. Non è poco. Quello che l'alunno vuole è sapere che tu tratti tutti allo stesso modo e poco importa se non tremi di fronte alla lacrima di uno di loro, quando lo chiami a interrogazione e lui non vuole.
Se tu sai che l'altro, difetti a parte, ha un metodo di valutazione oggettivo e che peraltro ti spiega, in tutta l'evidenza, perché hai quel voto e non un altro, anche la tua vita come studente migliora. Il docente deve fare questo, niente di più.
Perché sai di esserti meritato quel voto e che te lo sei sudato con le tue forze.
Anche l'introverso beneficia di questo tipo di approccio perché gli dà lo strumento per imparare, senza immischiarsi nella sua disposizione di carattere. Chi diventa insegnante non ha nessun diritto di adottare un criterio di giudizio basato su quello che si aspetta dall'alunno, in termini caratteriali. Cosa sarebbe successo, secondo voi, se uno come Bill Gates avesse avuto per docente una persona che pretendeva che fosse campione di football o, comunque, un grande simpaticone che chiacchiera con tutti, con fare invadente? Che cosa sarebbe successo se questo docente avesse spinto il ragazzo ad andare ai campi solari, coinvolgendolo in giochini stupidi, spingendolo a chiacchierare con persone con cui non avrebbe mai parlato in termini confidenziali, pretendendo da lui un modo di fare da simpaticone e rubandogli il tempo di studiare?
Vi rispondo io: Microsoft non esisterebbe.
In sintesi, il timido non è un malato mentale. Lo diventa quando, non accettando la sua sensibilità, si pretende di trasformarlo in qualcosa di socialmente accettabile e facendo in modo di mettere in dubbio la legittimità del suo modo d'essere. Il timido è, fondamentalmente, un introverso, uno che non segue per natura i sentieri già battuti, uno che ha una sensibilità molto acuta e che chiede solamente una cosa: che la gente la smetta di rompergli i coglioni, pretendendo da lui un modo d'essere che gli è completamente estraneo.
L'introverso non è un infelice.
Pensate davvero che Bill Gates sia infelice per la sua passione per i numeri?
L'introverso non è un disadattato ma, se inserito tra persone, schiave di preconcetti artificiosi, di schemi mentali irreali, la sua difficoltà aumenta.
Il docente non dovrebbe uscire fuori dal seminato e pretendere fiducia dall'alunno.
Deve conquistarsela, ballando su un sottile equilibrio:
1. Rimanere fedele al programma di studi
2. Tirare fuori il talento dall'alunno. Tutti lo possiedono...ma la domanda è: il professore è capace di cogliere questa scintilla, impedendo al ragazzo di rimanere solo, dandogli fiducia e trovando il modo di sfruttarlo al meglio, nei limiti del possibile?
Questa è la vera difficoltà.
Per come la vedo io, l'introverso non è un cretino ma può essere cretino il professore che lo valuta.