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Benvenuti al salottoclassico

Dove si parla di tutto e di niente, di libri e di storia, di film e di racconti. Un salotto senza pretese, per chi vuole parlar di cose pesanti e di sciocchezze

domenica 22 dicembre 2013

ATEO E CATTOLICO NON PRATICANTE SONO DAVVERO SINONIMI?

ATEO O CATTOLICO NON PRATICANTE SONO DAVVERO SINONIMI?

Tempo fa, conversando con una mia cugina, mi è capitato di discutere sulla religione.
Io, per motivi di chiarezza, le ho detto che ero cattolica non praticante. Mia cugina, allora, sentendo queste parole, ha detto. sorridendo, che questa è una scusa per non dire che ero atea. Atea inconsapevole per la precisione.
Questa discussione, allora mi ha dato da pensare.
Alcune risposte su internet mi hanno dato risposte analoghe.
Io però non sono d'accordo su questa suddivisione tanto settaria. Stando così, l'accezione di cattolico non praticante assume quasi la parvenza di un'ignavo, di chi non ha il coraggio di credere fino in fondo in una determinata religione e ai sui dogmi.
Devo quindi dissentire su diversi punti.
Innanzitutto, l'ateo crede che non vi sia una divinità e rappresenta, sotto un certo punto di vista, una sorta di religione. Se io credo che non è, credo comunque in qualcosa.
E'una dimensione ALTRA rispetto a qualsiasi altro credo.
Il cattolico non praticante non è ateo.
Crede in Dio ma non si riconosce nella Chiesa. E'disgustato dalla corruzione che emerge dagli eventuali scandali e dalle derive reazionarie di certe posizioni. Magari, come nel mio caso, è favorevole all'aborto e questo è contrario alle posizioni più radicali. Proprio per queste divergenze, il suo pensiero non è completamente in linea con quello della dottrina. Da questo deriva la seguente definizione.
Io non penso che i due termini siano sinonimi e non credo nemmeno che vi si debba leggere qualche traccia di codardia nel non prendere quella posizione piuttosto che l'altra. I cattolici praticanti possono pensare ciò che vogliono ma non è la stessa cosa.
Pensare il contrario vorrebbe dire "fare di tutta l'erba un fascio", mischiare cose diverse in un unico minestrone. Non sono per niente d'accordo con chi sostiene che il cattolico non praticante sia un ateo inconsapevole. Lo sviluppo di un pensiero critico è alla base di ogni ragionamento.
Il credere o meno ha senso nella misura in cui tale scelta soddisfi la propria personale esigenza. Accettare senza consapevolezza o sparare giudizi su una cosa che non condividiamo non è un buon modo per risolvere una potenziale discussione. Il sinonimo peraltro deve essere semanticamente attinente al campo del nome con cui ha un significato simile ma non uguale.
Vi sembra, forse, che chi non crede in Dio sia uguale a chi, pur credendoci, non crede nelle gerarchie della Chiesa?

lunedì 16 dicembre 2013

PESSIME AMICIZIE ISTRUZIONI PER L'USO

Effettivamente, avrei voluto approfondire uno dei miei temi di battaglia, come storia antica o simili...ma, colpa le feste natalizie, ho deciso di lasciar perdere per ora.
Questa volta, ho deciso di fare un post più personale.

PESSIME AMICIZIE

Quanti di voi ha avuto l'esperienza di un legame che alla fine si è rivelato dannoso e falso?
Le false amiche sono un fenomeno che capita almeno una volta nella vita, seminando danni, talvolta permanenti. Nel mio caso, tali esseri hanno il dono di farti smettere di credere nel prossimo, di fidarti di lui, spingendoti a azzerare ogni contatto vagamente affettivo.
La mia disastrosa esperienza cominciò all'asilo e durò fino alle medie, condizionandomi il futuro.
Avevo sempre avuto e tuttora ne sono convinta che l'amicizia sia basata sullo scambio, più o meno equo, tra il dare ed il ricevere.
Non sempre è così.
Nel mio caso, ho avuto un'amica possessiva e opportunista...ma questo lo scoprii tempo dopo, quando la verità si parò in tutta la sua inclemenza. Giocavo quasi sempre con lei, perché mi trovavo bene in sua compagnia ma bastava solo che provassi a legare con le altre che subito diventava gelosa. Non mi rivolgeva la parola per giorni oppure diventava scontrosa.
Io ovviamente ci rimanevo male ma mi consolavo che il giorno dopo le passava tutto...e così andava.
Avevo dei problemi con delle altre bambine. Essendo molto timida e bonacciona, mi escludevano dai loro giochi, isolandomi. La mia amica cosa faceva? Andava con loro, lasciandomi da sola...poi però, quando queste andavano via, tornava da me, come se niente fosse.
Le cose andavano sempre in questo modo e anche se provavo ad avere altre amicizie, comunque quel legame aveva finito con l'avere un taglio esclusivo. A tratti era persino soffocante. Vedevo questi difetti ma, essendo costantemente isolata dalle altre, grazie alle bullette in erba dette sopra, non avevo altri appigli.
Poi passammo alle medie.
A quel punto, lei cominciò a sparlare di me, fin dal primo giorno (eravamo nella stessa classe), tirando fuori le mie stranezze (sempre stata bastian contrario fin dalla culla, facevo i capricci con un'infinità di cose, come i vestiti che volevo mettermi.), mettendomi letteralmente alla berlina . 
Non ebbi allora il coraggio di impormi. Ci ero rimasta troppo male per questo. Dove diavolo era finito l'affetto che mi aveva rivolto in passato? Davvero contavo così poco per lei? Io non avevo mai parlato male di nessuno perché mi sembrava scorretto e infame far così...e scoprire quanto poco invece per questa amica valesse tutto questo comportamento fu devastante.
Ero convinta che un'amica fosse capace di ascoltare e consigliare.
Ero convinta che un'amica fosse leale.
Ero convinta che un'amica tenesse i segreti altrui, rispettandoli.
Mi ero sempre attenuta a queste regole mute, complice forse la mia morale  che dice "non fare agli altri quello che non vuoi che sia fatto a te". Convinzioni e valori che questa persona non esitò a calpestare senza alcuna esitazione, per farsi il gruppo di amiche. 
Mi resi conto solo allora che a lei non importava un bel niente di me e che, per farsi la compagnia, aveva finito con il farmi terra bruciata intorno. Per tre maledetti anni, passai l'inferno e quando passai al liceo mi resi conto che non ero più capace di fare amicizia con nessuno come prima. Ero più bloccata di prima. 
Tuttora mi sorprendo di come certa gente riesca a farsi le amiche ed il fidanzato.
Io so solo una cosa.
Grazie a questa esperienza, non sono più riuscita a fidarmi di nessuno. Forse avevo dato troppo ed ora, non trovando la giusta misura tra il dare ed il ricevere, non sono più riuscita ad avere il giusto equilibrio, complice la timidezza cronica. I danni comunque sono passati non solo al piano delle amicizie ma anche all'amore che comunque si basa sommariamente sulla fiducia. Se manca quella, sparisce il resto.
A 26 anni suonati, dopo aver sotterrato la cosa, questa è nuovamente tornata a galla.
Non so perché.
Probabilmente, a distanza di tempo, riesco a vedere la cosa con dolorosa lucidità, senza tentare inutilmente qualunque masochistico e tossico atteggiamento indulgente. Lei aveva sicuramente una concezione malata dell'amicizia ma la prima a sbagliare sono stata io. Non ho voluto credere fino alla fine, quanto falsa fosse e non ho avuto la forza e la sicurezza nell'esprimermi per farglielo capire. Mi sono fatta condizionare per un eccesso di bontà o stupidità a seconda dei casi, nella speranza di contare qualcosa di più che non fosse un semplice tappabuchi per un pomeriggio vuoto.
Il risultato è stato un dannoso crogiuolo di diffidenza e disincanto...ma solo ora mi rendo conto dell'entità del danno che ho commesso, assecondando una persona simile.
La diffidenza che è nata in me da allora mi ha impedito di vedere gli altri e anche se registravo i loro sentimenti con la testa, non mi raggiungevano affatto. A conti fatti, posso dire che non mi sono mai innamorata, nemmeno una volta. Non ci riuscivo. I miei sentimenti erano trincerati dietro a quell'esperienza devastante per cui mi limitavo a evitare ogni possibile interesse dell'altro nei miei confronti come la peste...e non lo facevo solo perché non volevo soffrire come in passato perché mi ero aperta troppo...ma anche perché, tutto questo aveva azzerato la mia autostima. Per la serie: chi la voleva una come me?Insomma, mi sembrava di far loro un favore.
Fisicamente sono cambiata, dal brutto anatroccolo delle medie (no, non sono un cigno ma una via di mezzo) ma interiormente non troppo. Non so se questa cosa mi ha rinforzato o indebolito...però ho voluto metterla nel post.
Qualora vi capitino persone che corrispondono all'amica che ho descritto, il mio consiglio è di dare retta ai segnali del vostro cuore, cosa che io non sono riuscita a fare. Qualora sentiate oppressione per questo legame, ascoltate questo sentimento. Può essere che l'istinto sia più sincero della ragione. Io non la piantai perché, dopo tantissimi insuccessi in ambito relazionale, non ero riuscita a legare con nessuno, finendo con attaccarmi a questa opportunista...per cui, infischiatevene della sua gelosia e fatevi altre amicizie.
Parlate con questa amica, con sicurezza, chiedendogli se questo legame conti qualcosa per lei e se sarebbe felice che voi bidoniate tutte le altre amicizie per impedirle di averle.
Lasciatela matteggiare, tenervi il muso e simili. In realtà non soffre perché sente di essere abbandonata ma perché teme che il cane servente lasci il suo guinzaglio.
Non lasciate che i suoi sentimenti condizionino il vostro modo di agire. Fate le vostre amicizie ugualmente e sappiate una cosa. Quando troverà altri contatti, lei non esiterà a bidonarvi, come se foste spazzatura, per cui occhio.

Una vera amica:
1 Non è gelosa delle altre amicizie
2Ti consiglia, anche sapendo che non apprezzerai quello che ti dirà
3Non ti abbandona nel momento del bisogno, quando vede che sei in difficoltà

Una pessima amica:
1E'ostile a tutte le altre amicizie che farai, sabotando il tutto con il comportamento e con il senso di colpa che eserciterà su di te.
2. Non ti dice niente, tranne stare in tua compagnia per passare il tempo e di certo eviterà ogni possibile argomento di attrito. Non si fiderà di te al punto da confidarsi e da dire cose che sono UNICAMENTE PER IL TUO BENE.
3Rimarrà con te finché le serve, salvo poi bidonarti per delle compagnie più spigliate e in di te...non prima di calpestare i tuoi sentimenti, tradendoti, solo per farsi bella agli occhi delle nuove amicizie.


martedì 12 novembre 2013

CURSUS HONORUM

CURSUS HONORUM

Il cursus honorum è il percorso politico che ogni cittadino romano era esortato a seguire, per poter svolgere appieno l'officium, ovvero il dovere. 
Ogni carica aveva un limite minimo di età che impediva ai più giovani di accedere, limitando così ogni possibile fenomeno di favoreggiamento, anche se l'influenza della parentela ebbe sempre un grosso peso. In questo modo, si forzava il romano a svolgere prima di tutto le cariche meno prestigiose e importanti per giungere infine a quella più alta, ovvero il consolato o, addirittura, il ruolo di censore.
In ogni caso, nel post che avrete di fronte, voglio parlare della differenza tra CAVALIERI e SENATORI.

Sono i ceti che detenevano il potere a Roma, anche perché solo chi aveva ricchezze considerevoli poteva permettersi di vincere le elezioni e fare carriera politica. In ogni caso, avevano delle differenze interne non di poco conto.
Il ceto senatorio era indubbiamente il più ricco, considerando che l'unica ricchezza conosciuta era quella dei possedimenti terrieri. I vastissimi latifondi dei membri di questa classe sociale rappresentavano un metro di valutazione non di poco conto perché era un bene immobile e quindi sicuro.
Il ceto equestre vantava una rendita leggermente inferiore ed i suoi beni derivavano in massima parte dal commercio e dalle attività che producevano denaro. Essendo queste attività meno sicure, erano soggette a maggiori oscillazioni.

Il cursus honorum senatorio e quello equestre spesso non coincidono e, malgrado le cariche siano spesso equivalenti non c'è modo per un senatore di occupare la carica di un cavaliere. Tutto questo deve essere chiaro. In un primo momento, i cavalieri occuparono un ruolo marginale nella politica, se si parla di cariche...ma ebbero un grandissimo peso se pensiamo che potevano influenzare un senatore piuttosto che un altro con le loro cariche.
Ottaviano e gli imperatori che lo seguirono ebbero buon gioco nel bilanciare il potere senatorio con la presenza dei cavalieri, ai quali davano gli incarichi di maggior peso e concedevano ruoli di forma ai primi. Comunque sia, nel corso del tempo, le due classi finirono con il fondersi insieme, formando un ceto detto optimates. 
Tra le altre cose, la separazione tra senatori e cavalieri riguarda anche la sfera religiosa, con collegia appositi. Per motivi di pratica, parlerò comunque solo del cursus honorum senatorio nella sfera religiosa, perché altrimenti faremo confusione.

sabato 9 novembre 2013

IL CURSUS HONORUM, INTRODUZIONE

IL CURSUS HONORUM

In questo post, parlerò del cursus honorum.
Il cursus honorum è, detta molto sinteticamente, la carriera politica dell'uomo romano e viene riassunta nelle iscrizioni che possiamo ritrovare nelle necropoli e nelle centri abitati. Venivano inoltre aggiunti le eventuali appartenenze a qualche collegio religioso.
Ogni iscrizione era un segno della fama della stirpe, la gens, che così si nobilitava nelle azioni e negli impegni del suo membro. L'epigrafia evidenzia questo percorso, soffermandosi non solo sul nome che indica lo statuus del personaggio, ma anche nella sua carriera.
Un'iscrizione presenta delle caratteristiche non da poco, come:
  1. la lunghezza: un'iscrizione particolarmente precisa nei particolari è indice della ricchezza delle committenze che non risparmiano sull'impiego dei materiali. Potrebbero essere membri della gens, oppure anche delle città che dedicano un'iscrizione onoraria a questi.
  2. la presenza d'incarichi minori: assenti nelle famiglie più prestigiose che appartengono a famiglie con personaggi che sono entrati in politica. Chi è il primo della sua famiglia ad intraprendere il cursus honorum metteva tutti gli incarichi dal primo all'ultimo. Tutto ciò denota l'appartenenza ad una stirpe di lignaggio.
  3. i luoghi: le province non erano tutte uguali ma si distinguevano in senatorie ed equestri. La regione in cui si andava, dopo il consolato, indica se il personaggio dell'iscrizione è un senatore o un cavaliere.
Ovviamente, la distinzione in patrizi e cavalieri si definisce anche in base all'appartenenza ai collegi religiosi, divisi tra quelli peculiari dei senatori e quelli equestri.  L'epigrafia mostra livelli di complessità assai notevoli, anche perché il diritto romano è preciso ai limiti della puntigliosità. Nei limiti del possibile, quindi, analizzerò meglio il percorso, soffermandomi sui vari incarichi volta per volta.

sabato 2 novembre 2013

COTRATTO DI PASSIONE

Recensione: Contratto di passione

Contratto di passione
di Jennifer Probst

Prezzo Brossura: € 13,90
Prezzo E-Book: € 9,99
Editore: Corbaccio
Pagine: 336
Titolo originale: The Marriage Mistake
Genere: Romance contemporaneo

Carolina Conte è innamorata fin da quando era piccola del migliore amico del fratello Michael, Max Gray. Ma benché adesso sia cresciuta, si sia laureata e lavori nell’azienda di Michael di cui Max è CEO, la sua famiglia continua a trattarla come il brutto anatroccolo di casa e Max sembra notarla appena. Finché, complice una conferenza con cena a seguire, Carolina e Max trascorrono insieme una notte di passione cui segue, per imposizione della famiglia, un matrimonio riparatore. Max si sente in trappola, Carolina è furiosa, il matrimonio inizia con una guerra… combattuta in camera da letto senza esclusione di colpi.

RECENSIONE DI VOLPEDORO

Il precedente pezzo è la trascrizione sulla copertina, che ho preso da un altro blog http://www.readingattiffanys.com/2013/10/recensione-contratto-di-passione.html.

Personalmente, questo libro mi è piaciuto. Si capisce che la Probst, da brava americana, non sa un bel niente dell'Italia o, forse, ha visto troppi film del Padrino per non avere un'idea diversa. Questa cosa dei matrimoni riparatori non esiste più in Italia ma se agli americani piace credere una simile fesseria, ben venga. Anche la cosa Pizza &Mandolini è una leggenda metropolitana ma non possiamo pretendere molto. Anche noi abbiamo pregiudizi, no? Passando alla storia, la protagonista è la sorellina minore di Michael, intravista in CONTRATTO FATALE ed il suo amore quasi impossibile per Maximus Gray. Onestamente la trama non ha in sé niente di originale ma la bravura nella narrazione rimedia a questa carenza.
Non si inventa niente ma è anche vero che le parti erotiche sono scritte come devono essere scritte. Il richiamo alle 50 sfumature non manca ma il tono è sempre ironico e lieve. Carolina ha la sindrome della crocerossina e Maximus ha dei lati un po'da mammone ma poteva davvero andare peggio. Nel suo genere, la Probst fa il suo sporco lavoro. Peccato che non ci capisca un'acca dell'Italia.
In ogni caso, i personaggi mantengono un certo grado di simpatia, con i loro difetti e non è poco.
voto: 8

venerdì 1 novembre 2013

FACEBOOK, L'INCOGNITA

Da pochi giorni mi sono messa su facebook...sì, l'ho fatto.
Non è che ne sono molto convinta però. Da brava misantropa come sono, ho un po'di scetticismo per questo strumento. Trovo che sia utile, certo...ma non mi convince molto la cosa delle amicizie. Se non li conosco nemmeno di vista o ho poca confidenza, che lo faccio a fare? No, questa cosetta mi lascia un po'di amaro in bocca. Devo per forza accettare tutte le amicizie che ricevo? Mi sento un po'obbligata e la cosa non mi va molto giù.

lunedì 28 ottobre 2013

Una precisazione sulle ripetizioni

UNA PRECISAZIONE SULLE RIPETIZIONI

Per chi volesse farle, devo comunque dare una serie di dritte.

  1. Il prezzo. E'la cosa più importante secondo me, quella che determina il tuo buon nome e ti permette una certa clientela. Prima di tutto, occorre tener conto del tipo di materia che devi insegnare. Se fai una materia poco diffusa, puoi permetterti di alzare un po' la cifra e questo per mere ragioni di mercato. Meno domanda e concorrenza, più possibilità hai di guadagnare qualcosa in più. Anche il titolo di studio può essere indice di un aumento del prezzo all'ora. Consiglio comunque di parlarne con il cliente e di non fare mai differenze di tariffario, nel caso ne abbiate più di uno. Per fare latino e greco, chiedevo 15 euro l'ora e tra triennale e specialistica non ho mai cambiato. Può sembrare tanto ma per una materia di questo tipo e per la sua difficoltà, il prezzo è quasi irrisorio. Ho seguito ripetizioni anche da 18 euro in su da parte di una dottoranda molto brava. Chiedere meno, consente di fare più lezioni...non sottovalutate mai questa possibilità. Può comunque essere indice di scarsa qualità un prezzo troppo basso. Mettetevi nei panni del cliente. Se voi aveste bisogno di ripetizioni, scegliereste sempre quello che vi pare abbia una maggiore garanzia di successo, avendo la disponibilità economica.
  2. Accordarsi sempre con il cliente. Massima cortesia, disponibilità e competenza rendono migliori i rapporti con i clienti. Spesso sono i genitori degli interessati a fare la mossa ed è bene tenerseli buoni, con una condotta gentile e seria. Siate sempre franchi nell'esprimere le vostre esigenze, qualora vi sia un impegno che vi tenga lontano dalla lezione e ricordate sempre che dovete rispettare gli accordi il più seriamente possibile o perdete il cliente.
  3. Pazienza e Savoir Fair. La persona a cui farete ripetizioni ha sulle spalle una buona dose di stress. Spesso è reduce da un debito ed è bene essere comprensivi abbastanza svegli da capire che persona avete di fronte. Se ha un carattere timido e impacciato, non serve a nulla avere delle maniere brusche, come è insufficiente essere troppo morbidi con chi vuole fare il furbo anche se sa di essere candidato al debito. Invogliare all'impegno e al non aver paura della materia da recuperare può aiutare a risolvere questa difficoltà, dando sicurezza alla persona a cui fate ripetizioni. Per esperienza personale, rivolgersi per le ripetizioni, non è mai una scelta indolore ma, al contrario, frustrante. Doversi rivolgere a terzi per qualcosa che gli altri fanno da sé, non dà una bella sensazione. Non dimenticate questa cosa.
Questi sono piccoli suggerimenti che ci tengo a dare, nel caso in cui vi venga voglia di dare ripetizioni. Li ho date ed è stato molto soddisfacente ma per il momento mi astengo. Non posso garantire sempre una presenza fissa e preferisco non avere clienti, anziché perderli per la mia inefficienza.

domenica 27 ottobre 2013

i lavori dello studente universitario

Cosa può fare uno studente universitario per arrotondare i conti?

Vorrei sfatare un mito, prima di tutto. Se qualcuno crede che l'università preveda un orario più rilassato del liceo, devo informarvi che, esperienza costruttiva a parte, si tratta di una leggenda metropolitana. Prevede infatti un duro impegno, almeno con il fine di riuscire a ottenere una laurea che si spera possa essere spesa nel mondo del lavoro. Non è semplice, soprattutto con la disoccupazione e con il dato di fatto che la politica castra ogni iniziativa che possa in qualche modo istradare nella direzione professionale che si spera di fare, come l'insegnamento. Inoltre, c'è pure la negativa congiuntura economica.
Chi studia ha comunque delle difficoltà non da poco.
Prima di tutto, combinare bene lezioni e orari lavorativi. Premesso che il trend generale è la flessibilità ad oltranza, occorre mettere subito in chiaro che non sempre il datore di lavoro sarà disposto a venire incontro alle tue esigenze. Indubbiamente non deve essere al servizio tuo, come una sorta di cavalier fedele ma è anche possibile che il rispetto dell'orario di lavoro ti porti a saltare qualche lezione...ed allora il guaio è che tu non riesca a salvare capra e cavoli.
In secondo luogo, la paga.
Tenere in piedi il bilancio mensile, con i pagamenti del lavoretto può essere molto arduo e spesso si rende necessario aggiungere un extra con i lavoretti estivi o, molto più probabile, con il sostegno delle famiglie.
In ogni caso, qualcosa può essere comunque fatto.
Le possibilità più a portata di mano sono comunque queste.

  • Il cameriere. Ho spesso visto diversi studenti che nel fine settimana lavorano nelle pizzerie o nei ristoranti. Il lavoro non richiede mansioni particolari, soprattutto in mancanza di personale. Spesso, infatti, nei giorni dove la clientela è maggiore, assumono le persone solo per quello specifico giorno. La paga è piuttosto variabile ma quello che forse potrebbe costituire un problema è se il datore di lavoro ti mette in regola o meno. Non poche volte ho visto i locali farsi improvvisamente deserti all'arrivo della finanza. In ogni caso, questo lavoro è uno dei più gettonati e, soprattutto intorno alle università i locali non mancano. Pub, ristoranti, osterie, pizzerie, gelatai...la richiesta non manca e permette di farsi le ossa con un lavoro impegnativo. Il mio consiglio è comunque di sperimentare tutto questo durante le sagre estive. Se si ha idea di farlo come lavoretto per arrotondare i guadagni è una buona idea. Alle sagre, solitamente lavorano i volontari ma è comunque una buona mossa per farsi un'idea di cosa si fa. Consiglio comunque di scegliere un posto che permetta di lavorare tutti i week end. In questo modo, la paga a fine mese è regolare, come spiega benissimo il sito www.studentifuori.it
  • Call Center. Onestamente sono abbastanza scettica su questa voce. Le cronache e le notizie a riguardo dei call center non ne danno una bella immagine ma ci sono comunque alcuni che lavorano bene. Consiglio in ogni caso di avere occhio.
  • Volantinaggio. Mansione molto faticosa, viene pagata a tempo. Occorre un buon paio di scarpe, comunque.
  • Raccolta di uva o olive.  E'una possibilità che, a causa della crisi, incontra un'offerta molto ridotta. La domanda poi si riduce ulteriormente se il raccolto è scarso. Si tratta di una mansione in cui occorre del sano olio di gomito ma per lo studente può essere problematico in termini di orario. Essendo un lavoro stagionale richiede un impegno intensivo per buona parte del giorno ed è sconsigliato se ci sono delle lezioni o siamo in sessione esame.
  • Promoter. Sono quelli che sorridono sempre per fare la promozione di un prodotto. Generalmente pagati 8 euro l'ora, come spiega il sito sopra detto, sono una possibilità soprattutto in occasione delle fiere o affini, dove la paga è fissa ma l'orario flessibilissimo.
  • Le pulizie. In alcuni casi, vieni messo in regola e ti vengono versati i contributi per tutta la durata del periodo dall'agenzia che ti assume. Se sei in gamba, puoi essere richiamato. Per lo studente universitario può comunque incontrare problemi in termini di orari.
  • Il baby sitter. Ha il pregio di permetterti di accordare il tuo impegno lavorativo con lo studio ma occorre una bella pazienza. Tra gli 8 e i 15 euro, come spiega il sito detto sopra.
  • Ripetizioni. Una soluzione che ho adottato e che permette di regolare bene i tuoi impegni. Occorre mettere un annuncio nei negozi, all'università, nei licei o, meglio ancora in biblioteca, se proprio non hai il passaparola di un vecchio professore di scuola. Rigorosamente in nero, come tutti quelli detti sopra, ha una regolarità delle lezioni che varia a seconda del periodo dell'anno ma, se sei bravo/a, puoi anche garantirtelo per tutti i 365 giorni. Spesso la maggiore densità degli studenti è nei mesi estivi oppure nei periodi di valutazione del quadrimestre. Naturalmente occorre venire incontro a chi ha bisogno del tuo aiuto e serve una certa pazienza con chi ha necessita del tuo sostegno. Tendenzialmente, il prezzo minimo è dai 10 euro in su ma varia a seconda della materia e del titolo di studio in tuo possesso. Avendo fatto latino e greco, sono partita dai 15 euro l'ora e, potenzialmente, avrei potuto anche alzare la posta, una volta presa la laurea. Mi sono comunque rifiutata di farlo perché maggiore è il prezzo, minori sono le lezioni che faranno...quindi occhio a quanto chiedete.
  • Servizio civile. Ha un determinato limite di età e varia a seconda del progetto. Consiglio di leggere attentamente il bando. Non ha la 13cesima e nemmeno la 14cesima e richiede un impegno annuale fisso. Solitamente intorno alle 5-6 ore giornaliere, secondo un orario che non puoi concordare. Prevede il versamento dei contributi pensionistici però. Non può essere fatto più di una volta e si viene pagati al mese 433 euro. Offre spesso una buona esperienza professionale. Ha come controindicazione comunque, il fatto che è spesso poco appetibile per quanto riguarda gli orari delle lezioni e gli esami, visto l'impegno.
CONCLUSIONE

I lavori che lo studente  farà sono generalmente in nero, tranne qualche sporadica iniziativa /annuncio di qualche supermarket che offre, nei mesi estivi, orari fatti apposta per gli studenti, nei fine settimana a paga fissa. Non aspettatevi di avere i contributi pensionistici e, soprattutto, partite dal presupposto che difficilmente quel lavoro coprirà tutte le spese, se siete fuori sede. Spesso occorrerà destreggiarsi tra più cose ed è davvero difficile far quadrare i conti. Inoltre, non è nemmeno tanto strano che ciò possa interferire con la frequentazione degli studi.

domenica 20 ottobre 2013

Considerazioni sulla scuola secondaria inferiore

CONSIDERAZIONI SULLA SCUOLA SECONDARIA

Ogni tanto mi capita di leggere riflessioni a proposito della scuola italiana. Critiche e commenti negativi che hanno il fine ultimo di screditare questa sacra istituzione. I dati statistici europei ci pongono agli ultimi posti per quanto riguarda il livello di comprensione e capacità di far di conto. Contemporaneamente, molti italiani riescono a vincere concorsi all'estero superando i colleghi delle altre nazioni.
Immagino che anche un fesso capisce che c'è qualcosa che non va.
Questa mattina ho letto che la scuola media inferiore è ritenuta inadeguata per lo scopo attuale. Nata inizialmente con il fine di approfondire la preparazione di coloro che facevano le elementari, oggi è considerata del tutto inadeguata per fornire la competenza necessaria ad affrontare le scuole secondarie superiori. La disparità dei risultati  scolastici tra le medie e le superiori è davvero sensibile, in molti passaggi...e così qualcuno ha avanzato l'ipotesi di tagliare di netto la scuola media inferiore, perché la ritiene un apparato antiquato, incapace di rinnovarsi. L'inadeguatezza poi viene accresciuta dal fatto che l'età dei docenti è piuttosto avanzata, sorvolando sull'inefficenza di fondo, ovvero la svogliatezza istituzionale nel provvedere al reclutamento dei nuovi docento (lo penso io, altrimenti come si spiegano le continue modifiche sostanziali, a distanza così ravvicinata, delle normative di regolamento, l'apertura e chiusura dei concorsi pubblici a discrezione del ministero e del portafoglio, l'improvvisa e insensata foga di rinnovamento a cui seguono la più totale indifferenza? Chiamatemi paranoica ma questo è ciò che vedo).
Ad ogni modo la mancanza di fondi esorta a tagliare e questo è risaputo. Parliamoci chiaro, l'apprendimento alla scuola media inferiore avrebbe lo scopo di fornire un rafforzamento nelle cose da studiare, cercando di dare un'infarinatina di quel sapere che le superiori dovrebbero approfondire anche dopo...ma non sempre succede. La presenza di nuove materie non sempre consente di portare il programma fino in fondo (per esempio, la letteratura del XX secolo e del dopoguerra, non viene mai studiata perché manca il tempo materiale per arrivarci) e quindi spesso occorre accontentarsi di ciò che si sa dalle medie. Io non credo che sia una scuola inutile o obsoleta e mi domando spesso sulla base di quali principi si formulino giudizi del genere. Posso accettare che vi siano critiche sulla preparazione dei docenti ma mi domando cosa sia stato fatto per offrire ai maestri una preparazione più adeguata. Trovo assolutamente ridicolo ed infantile questo continuo atteggiarsi a scaricabarile della situazione. Le riforme continue ad ogni cambio di governo non fanno bene alla scuola pubblica e, paradossalmente, sarebbe meglio che i ministeri mettessero da parte l'idea della riforma strutturale e aprano i rubinetti per finanziare questa istituzione. A volte, ho come l'impressione che la scuola pubblica sia considerata un investimento a fondo perduto e, purtroppo, finora non ho visto molto che mi confermasse il contrario.
Lo smantellamento della scuola, sia sul piano sociale che di prestigio è un fenomeno allarmante...un vero peccato che non importi a chi di dovere, a meno che non abbia lo scopo di fare qualche slogan.

domenica 29 settembre 2013

Slow Economy. Rinascere con saggezza.

Slow economy. Rinascere con saggezza
TitoloSlow economy. Rinascere con saggezza
AutoreRampini Federico
Prezzo
Outlet - 55%
€ 7,65
(Prezzo di copertina € 17,00 Risparmio € 9,35)
Dati2009, 196 p., brossura
EditoreMondadori  (collana Strade blu. Non Fiction)
 
Disponibile anche in eBook a € 6,99

Normalmente disponibile per la spedizione entro 5 giorni lavorativi


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Descrizione
Federico Rampini ci racconta, in un viaggio attraverso tre continenti e decine di città, quale forma sta per prendere il nostro futuro. Abbiamo di fronte a noi una lenta e inesorabile rivoluzione verde che ci porterà a produrre e a consumare in modo più consapevole; si percepisce nei comportamenti dei governanti e degli elettori il desiderio di un "Neo-socialismo" che spinga gli stati ad assumere iniziative politiche più ponderate e attente alla qualità dei servizi, del welfare e della vita in generale. Insomma, secondo Rampini si va profilando la rivoluzione tranquilla della "Slow Economy": un nuovo modello di sviluppo dove la crescita a ogni costo non sarà più la prima preoccupazione delle nostre società. Un modello di sviluppo in cui, come in una sorta di "Slow food" esteso a ogni aspetto della vita, ritroveremo tutti insieme un nuovo (e antico nello stesso tempo) equilibrio con il nostro ambiente lavorativo, naturale e sociale.
La recensione di IBS
Dopo la grande recessione che ha colpito il mondo intero, l'Occidente si trova a fare i conti con un modello di crescita rivelatosi fallimentare, centrato sulla corsa al consumo e sull'indebitamento, che ha precipitato i cittadini nel caos e nella paura. Federico Rampini, in questo suo nuovo saggio, sostiene che se a vacillare è un intero modello di vita, l'Occidente può forse cogliere un'opportunità di salvezza guardando a Oriente: a Paesi tornati a essere interlocutori imprescindibili, in primo luogo Cina e India (la Cindia di un precedente successo dell'autore), ma non solo. è qui che entra in gioco la Slow Economy, ovvero la via a uno sviluppo diffuso e sostenibile, volgendo sempre lo sguardo a una millenaria saggezza orientale fatta anche di risparmio e frugalità.
Dopo gli ultimi cinque anni trascorsi a Pechino come corrispondente di Repubblica, Rampini, che ora lavora a New York, descrive la nuova realtà lenta e a misura d'uomo dell'economia globale come un processo nel quale non sarà più soltanto il Pil a dettare legge nelle statistiche sul benessere dei Paesi. Considerare anche altri parametri, come quelli della felicità dei cittadini e del rispetto dell'ambiente, può essere secondo l'autore anche un vantaggio per tutti. In uno scenario di crisi nel quale a fine 2009 l'Italia è ancora immersa, questo libro sottolinea l'esempio virtuoso dei Paesi orientali: Cina e India che continueranno ancora a crescere, il Giappone che, con il nuovo governo al potere dopo 40 anni, promette di recuperare, e le nuove economie dinamiche di Vietnam e Cambogia.
Rampini ripercorre luoghi e storie in cui Occidente e Oriente si sono lasciati contagiare reciprocamente, in un avvincente viaggio nella memoria e nel futuro. Il cammino esposto in queste pagine ci avvicina a popoli e luoghi tanto remoti, traendo da essi spunti e suggerimenti per trasformare l'uscita dalla crisi in una vera rinascita. Come i racconti sull'estrema frugalità dei cinesi nei consumi: riutilizzare l'acqua di bollitura del riso per innaffiare le piante, utilizzare il lato libero di un foglio usato per le fotocopie, sono esempi di una mentalità attenta al risparmio e al riciclo che la Cina di oggi si porta appresso dal suo recente passato rurale e prevalentemente agricolo. La stessa mentalità slow Rampini la rintraccia nell'orto biologico allestito alla Casa Bianca dalla moglie del Presidente, Michelle Obama. In quell'esperimento domestico e familiare, il giornalista intravede lo spirito della slow economy che verrà: lotta agli sprechi, ai pesticidi, attenzione alla qualità del cibo e alla sua provenienza, campagna contro un'alimentazione ipercalorica fonte di tanti problemi di obesità tra gli americani.
Se sulla ricerca nelle energie rinnovabili e sulla qualità dell'istruzione secondaria la Cina sta superando l'Occidente più evoluto, molti americani stentano a riconoscere questa nuova supremazia per la vecchia abitudine a «credere che l'America sia il numero uno in quasi tutti i settori». Molti negli States ragionano ancora come venti, trenta anni fa. Molti tranne Barack Obama, consapevole delle svolte in atto. E questo bel saggio del nostro inviato analizza proprio il "passaggio di consegne" da Ovest a Est. Quando descrive il suo viaggio da Pechino a New York, scrive che è stato «come fare un salto nel passato». Il vecchiume dell'aeroporto e degli aerei newyorkesi, il decadimento della rete stradale-autostradale, il metrò scassato e maleodorante sono i segnali che in fatto di infrastrutture la Cina stravince la sfida con l'America. E questo confronto sorprendente, induce Rampini a indicarci la strada per ritrovare la modernità e l'efficienza smarrite.


Recensione di volpedoro
E'il primo testo di saggistica che ho letto e quindi il mio giudizio è abbastanza parziale. Questo libro è uscito con la crisi dovuta alle banche di Wall Street e propone un modo per uscire da questa deriva dovuta da una strategia speculativaa senza controllo della finanza e dall'esasperazione del modello capitalistico. Personalmente, ho trovato lo stile di Rampini estremamente piacevole e si capisce che parla con cognizione di causa. L'insieme di aneddoti è davvero molto bello da leggere, soprattutto perché indica tutte le caratteristiche di un approccio alla quotidianità tradizionale e insieme innovativo, contro il consumismo scriteriato. E'la parte più bella ma ho comunque notato numerosi paradossi. Il giudizio entusiasta, a proposito della "decrescita felice", con soluzioni come i risciò, cozza terribilmente con il dato di fatto che l'America, al momento della pubblicazione, era in crisi e la Cina, tanto lodata, giustamente, per i suoi antichi saperi, presenta comunque notevoli dissesti idrogeologici. Questo paradosso è sempre presente e fa sì che non riesca completamente la critica al capitalismo di Rampini. Il progetto di una necessità di un modello alternativo di economia non trova in Rampini una soluzione convincente perché i Paesi indicati come modello hanno delle luci e delle ombre che rende impossibile una completa corrispondenza tra il modello ideale e quello reale. In ogni caso, consiglio lo stesso questo libro. Con tutte le critiche possibili, Rampini mostra bene lo stato d'animo di quel particolare momento storico.

Voto finale:7

lunedì 16 settembre 2013

TFEIDE

L'INGORGO
OVVERO 
LA TFEIDE

Premesso che queste sono le opinioni di una futura laureata nella specialistica, molto ottimistiche visti i tempi, vorrei parlare della questione del TFA, il TIROCINIO FORMATIVO ATTIVO che dovrebbe servire, per quello che chiunque vorrebbe saperlo, a formare i futuri docenti delle scuole medie e superiori, compensando così coloro che andranno in pensione.
Quello che è successo negli ultimi anni, comunque, ha smentito tutte le sicurezze di chi, dopo essersi spaccato la testa per poter fare questo difficile mestiere, sperava che queste cose potessero aggiustarsi un po'. A partire dal 2006-2007 (anno in cui mi sono immatricolata nella triennale di lettere classiche), ho cominciato a seguire tutte le novità della questione, comprendendo quanto sia vero il detto "essere nel posto sbagliato al momento sbagliato".
La chiusura delle SISS ha complicato le cose.
Il governo ha chiuso un organismo che sfornava futuri precari, giudicando negativamente la qualità di coloro che uscivano da queste scuole, salvo poi prendersi i suoi tempi (della burocrazia, of course) per poter provvedere alla cosa. Che le SISS non fossero adatte era abbastanza chiaro. La durata di queste scuole ritardava non poco l'ingresso del futuro docente nel mondo del lavoro e tutto questo si è complicato quando la riforma MORATTI ha inventato l'improduttivo sistema delle lauree triennali e biennali. Questo sistema, basato sui crediti, ovvero un sistema di calcolo delle ore di ciascun corso, aumentava il numero di materie da studiare, il numero di esami e anche la mole della pressione che si esercitava sullo studente, costretto a studiare spesso gli stessi esami con leggere differenze di approfondimento e con la costante sensazione di avere la corda al collo per poter essere in pari con gli esami stessi, si è rivelato un fiasco. Inoltre, la chiusura del SISS e il desiderio di introdurre nuovamente un concorso pubblico per docenti, poneva nuovi quesiti.
Come si seleziona il personale?
La soluzione, almeno in termini concettuali, doveva scremare il numero sempre maggiore di persone in possesso di una laurea, tramite delle prove sempre più complesse. Non ci sono posti per tutti, questa è stata la spiegazione (naturalmente l'introduzione del maestro unico ha ridotto parecchio le cose...e le pretese delle scuole di avere dei docenti. I ridotti finanziamenti alle scuole castrano l'efficienza dei loro servizi, dall'assunzione degli insegnanti alla possibilità di prendere dei supplenti in caso di malattia di quelli in ruolo...ma queste sono considerazioni personali. Una goccia nel mare che non ha alcuna pretesa di essere un dogma). Improvvisamente, nell'a.a. 2009-2010, cambiò la distribuzione dei cfu. Nel 2006-2007 e nell'anno successivo erano di 5 e 10 crediti, corrispondenti a corsi da 30 e 60 ore.
Un credito vale 6 ore di lezione. Senza essere troppo venali, comunque, questo cambiamento rappresentava una svolta, l'annuncio della risposta delle scuole al bisogno di avere insegnanti professionali. Ovviamente questa modifica riguardava solo i nuovi corsi. In quegli anni, girava voce di prendere come modello l'ultimo concorso nazionale per il reclutamento degli insegnanti, datato 1999.
Alla fine, le università hanno deciso di sporcarsi le mani, dato il ritardo ministeriale, facendo loro un programma per creare nuovi docenti riconosciuti dallo Stato. Una soluzione legittima che nasce da un'emergenza. Una volta esaurita la spinta dei docenti reclutati negli anni 70, 80 e 90, chi insegnerà? Senza contare l'età pericolosamente alta dei docenti alle prime armi...ma questa è la conseguenza inevitabile dell'italianissima arte del traccheggio e del cazzeggio immediatamente conseguente (se ne occuperanno quelli dopo, a che serve farsi un mazzo così ora?). Nel 2011-2012, comunque, sembrò prendere il via l'uscita dal tunnel, con il famigerato TFA, visto come la panacea di tutti i mali.
Nasceva con ottime premesse, dal momento che la formazione degli insegnanti era dotata, a differenza del siss, di una base pratica, incarnata dai tirocini nelle scuole sotto l'egida di un insegnante esperto per un anno. Certo, lo sfruttamento era assicurato ma garantiva comunque un futuro professionale, con finalmente una sinergia tra università e scuole superiori della zona.
E poi?
Il bando del concorso seguiva alcuni criteri selettivi, come il possesso di tutti i cfu necessari per poter fare le prove d'ingresso e poi, passate quelle ovviamente, i veri esami di selezione alle singole classi. A farne le spese sono stati i laureati delle triennali e specialistiche attivate in base al decreto Moratti. Per dirla molto sinteticamente, non essendoci stata una procedura di conversione univoca dei sistemi d'insegnamento da 5 cfu a 6 cfu, per corsi che erano identici anno per anno, gli studenti hanno dovuto rifare gli stessi esami per dover recuperare 7, 4, 5, 2 o addirittura 1 cfu (in altre parole, fare un esame da 6 cfu, ovvero 36 ore per recuperarne solo 6. Per la serie, PAGHI TRE E COMPRI UNO).
ATTUALMENTE COME STIAMO?
Bella domanda. La partenza del TFA aveva lasciato molte timide speranze. Finalmente pareva essere chiaro in quale stramaledetto modo fosse possibile diventare insegnanti...ma l'uscita dal tunnel ha subito una battuta d'arresto. Il precedente ministro Profumo aveva lasciato disposto che dovessero essere fatti i TFA per coloro che si erano laureati prima della riforma Moratti e che pertanto avevano le materie giuste ma non il coefficiente di crediti. Sono nati i TFA speciali per questi tapini dispersi nella nebbia...CHE SI SONO MERITATAMENTE SALVATI. Quanto agli altri, invece, credo che dovranno arrangiarsi o, usando una terminologia scientifica, saranno cazzi loro. I concorsi saranno fatti, se saranno fatti di nuovo, sulla base del numero di posti vacanti (ovviamente se ci saranno finanziamenti ma, dal momento che, negli ultimi venti anni, il Paese ha dimostrato che l'istruzione è un optional, campando di rendita su eccellenze che di solito non sono la conseguenza delle loro scelte illuminate...fate un po'voi i conti. L'Italia non ha soldi da spendere e, se li ha, difficilmente lo farebbe per la scuola pubblica.). Come potrete capire, io non sono molto ottimista sulle decisioni ministeriali ma sono convinta comunque che qualcosa si farà lo stesso. Il pensionamento dei docenti è un dato di fatto e prima o poi si renderà necessario aprire la borsa per nuove assunzioni. Io, nel mio piccolo mi tengo pronta...poi si vedrà. 
Una cosa è comunque certa: il tentennamento ministeriale permetterà nuovamente il ripetersi dell'accumulo di aspiranti docenti che, senza più le graduatorie (chiuse da alcuni anni) non sapranno che pesci prendere...come le singole scuole, che non sapranno come assumerli, soldi permettendo.
E ritorneremo alla sindrome delle sardine chiuse in una scatola troppo piccola.

giovedì 29 agosto 2013

recensione UNO SPLENDIDO DISASTRO

UNO SPLENDIDO DISASTRO

 Autrice: Jamie Mc Guire                                                    Titolo: Uno splendido disastro                              Edizione:Garzanti                                                          Genere:Young Adu 
   Uno splendido disastro è un caso editoriale unico, un fenomeno mondiale. La rete è invasa di commenti, schiere di lettori reclamano un secondo romanzo al più presto, dilagano forum dedicati ai due romantici protagonisti. Venduto a una delle più importanti case editrici americane dopo un'asta agguerrita, ha scalato la classifica del «New York Times» rimanendo per settimane ai primi posti. Sentimenti inconfessabili, lotte interiori, passione proibita fanno di Uno splendido disastro un romanzo da cui è difficile non diventare dipendenti. Camicetta immacolata, coda di cavallo, gonna al ginocchio. Abby Abernathy sembra la classica ragazza perbene, timida e studiosa. Ma in realtà Abby è una ragazza in fuga. In fuga dal suo passato, dalla sua famiglia, da un padre in cui ha smesso di credere. E ora che è arrivata alla Eastern University insieme alla sua migliore amica per il primo anno di università, ha tutta l'intenzione di dimenticare la sua vecchia vita e ricominciare da capo. Travis Maddox di notte guida troppo veloce sulla sua moto, ha una ragazza diversa per ogni festa e attacca briga con molta facilità. Dietro di sé ha una scia di adoratrici disposte a tutto per un suo bacio. C'è una definizione per quelli come lui: Travis è il ragazzo sbagliato per eccellenza. Abby lo capisce subito appena i suoi occhi incontrano quelli profondi di lui e sente uno strano nodo allo stomaco: Travis rappresenta tutto ciò da cui ha solennemente giurato di stare lontana. Eppure Abby è assolutamente determinata a non farsi affascinare. Lei no, non ci cadrà come tutte, lei sa quello che deve fare, quel ragazzo porta solo guai. Ma quando, a causa di una scommessa fatta per gioco, i due si ritrovano a dover condividere lo stesso tetto per trenta giorni, Travis dimostra un'inaspettata mistura di dolcezza e passionalità. Solo lui è in grado di leggere fino in fondo all'anima tormentata di Abby e capire cosa si nasconde dietro i suoi silenzi e le sue improvvise malinconie. Solo lui è in grado di dare una casa al cuore sempre in fuga della ragazza. Ma Abby ha troppa paura di affidargli la chiave per il suo ultimo e più profondo segreto…

Jamie McGuire, già autrice di tre romanzi entrati nei bestseller del «New York Times», vive in Oklahoma con il marito e i figli.   

RECENSIONE DI VOLPE D'ORO

Personalmente, questo libro mi è sembrato uno sviluppo della scrittura della fanfiction, la dimostrazione pratica che lo Young Adult è la commercializzazione di un racconto scritto da un fanwriter. Lo stile di lettura e della narrazione è lampante a mio parere. La trama si rivela decisamente fragile e con poco spessore. I personaggi non hanno una caratterizzazione da scartare ma quello che non si deve mai dimenticare è che non si deve prendere in giro il lettore in modo superficiale. Il comportamento del personaggio maschile, Travis è ingiustificabile, sia per questioni di sensibilità (a tratti pare un tizio uscito da un videogioco picchiatutti), sia in termini di trama. Il suo comportamento da stalker è davvero pessimo e  lo rende abbastanza inquietante come personaggio.
Il problema della storia è la logica delle loro azioni...un difetto che già compariva nella saga della Meyer e che qui prende finalmente corpo. La stessa Pidge è a tratti insensata. I suoi problemi familiari sono davvero un ottimo modo per variare il tema in maniera originale...ma l'autrice non va oltre. Nella parte iniziale della storia, era un ottimo personaggio...ma con il prosieguo si rivela decisamente moscia, simile a Bella Swan in New Moon, dove mi era scaduta di brutto.                                                  
Forse è la mia anima femminista che grida l'assurdità di questo tipo di comportamenti, boh. In ogni caso, nel corso della trama, assistiamo ad un escalation di stalkeraggio, pestaggi a sangue privi di senso, pianti altrettanto inspiegabili come quelli di una telenovelas sudamericana e, dulcis in fundo, l'altrettanto assurda riappacificazione a prescindere da chi ha un briciolo di amor proprio. Il ritmo va a singhiozzi con colpi di scena che, a mio parere, servono solo a salvare il lettore dalla narcolessia ma che, di fatto sono poco funzionali per dare vigore alla storia. Questo libro, come idea, avrebbe pure del potenziale, ma non è stato sfruttato a dovere nei suoi punti di forza...e tutto si è risolto con una trattazione superficiale dell'argomento. Molti passaggi, come il rapporto con il padre, meritavano maggiore cura ma tutto si è risolto in un susseguirsi di vicende che servivano solo da riempitivo di una vicenda che poteva essere raccontata meglio. In conclusione, non posso che essere critica con questo libro. Si legge bene, è un valido passatempo per trascorrere qualche oretta sotto l'ombrellone...ma non lascia molto dietro di sé.

VOTO FINALE: 6

sabato 10 agosto 2013

Vestali: miti da sfatare

 VESTALI 

1 Miti da sfatare


Con questo post, inauguro la sezione "Antiquitates", dedicata alla storia. L'argomento è l'unico ordine sacerdotale femminile dell'antica Roma: le vestali.
Proverò a stornare da questo gruppo di sacerdotesse alcune convinzioni, sperando di dare un quadro esauriente della loro condizione.

Chi erano le vestali?

Erano sacerdotesse consacrate al culto della dea Vesta, la dea del focolare e,  in questo caso del fuoco di Roma. Il loro compito era tenere accesa la fiamma. Essa doveva essere creata sul luogo e non trasportata da qualche bracere. Il suo fuoco teneva lontani i nemici di Roma ed aveva un profondo valore sacrale. Inizialmente erano 3 o 4 ma finirono con il diventare 6 ed erano scelte all'interno di un gruppo di 20 bambine patrizie, con entrambi i genitori viventi e nessun parente in vita che appartenesse a qualche collegio sacerdotale. Inoltre le prescelte non dovevano possedere difetti fisici. Era il pontefice massimo a determinare chi avrebbe preso parte al collegio, dal momento che era suo compito vigilare sulla loro condotta. L'ingresso della futura vestale, avveniva attraverso un finto rapimento, detto captio.

Era davvero un onore per una patrizia essere una vestale?

La risposta è un secco sì. Occorre giudicare la cosa con l'occhio di uno storico. Per molto tempo, e anche ora, si tende a paragonare la vestale alla suora...niente di più sbagliato. Innanzitutto, il servizio sacerdotale delle vestali durava 30 anni, come riferiscono gli storici, soprattutto stando alle disposizioni emesse da Numa Pompilio in proposito. Al termine di ciò, esse potevano tornare alla vita di sempre. Ben poche lo facevano.
Prima di tutto, sposare una vestale era un vero onore, anche se alcuni sostenevano che portasse sfortuna. Le opinioni erano contrastanti in proposito. Inoltre, la sacerdotessa, tornando alla propria famiglia, avrebbe dovuto rinunciare a tutti i suoi privilegi. Gli onori che una vestale possedeva e, in particolar modo, i suoi diritti erano superiori a qualsiasi donna dell'epoca. Vi si avvicinavano solamente le donne romane che avessero avuto almeno 3 figli...pensate a delle poverette che hanno vissuto dai 6 anni in su come sacerdotesse! Inoltre, potevano testimoniare in tribunale senza prestare giuramento, fare testamento ed erano onorate da tutte le cariche politiche. Tutti dovevano lasciar loro il passaggio.
L'aspetto della castità, poi, è un elemento che conta fino a un certo punto. Le matrone vivevano il sesso solo in funzione di procreare dei figli per la gens del marito, con una serie di tabù sessuali che rendevano l'atto stesso un'operazione passiva e poco gratificante...per cui, occorre essere cauti su questo genere di affermazioni. Inoltre non erano recluse ma potevano girare liberamente, accompagnate dal littore che aveva lo scopo di segnalare il suo status. Alcune possedevano delle villae, lasciate alla gestione di liberti e clienti.

Come la prendeva la famiglia?

Meno peggio di quanto si pensi. Consideriamo che la nascita di una femmina, nel mondo romano, era un evento tutt'altro che lieto. Non avrebbe mai tramandato il nome della gens paterna e rappresentava solo uno strumento di alleanze e un onere economico.
Se una patrizia entrava nel collegio delle vestali, la gens di questa otteneva un certo spicco, dato il prestigio del sacerdozio e la sua esclusività. La giovane era infatti scelta dal pontefice massimo e non entrava per cooptatio di qualche parente.
Il prezzo di tutto questo era che la donna non era più soggetta al pater familias, ruolo assunto dal pontefice massimo e mantenuta a spese dello Stato...ma tutto questo valeva i vantaggi che la gens otteneva di riflesso da questa scelta. Malgrado poi fossero sottratte all'influenza della gens in cui erano nate, le vestali potevano comunque mantenere i rapporti con i genitori e la famiglia, facendo loro visita. In conclusione, parte delle rinunce, che girano attorno alla verginità di queste sacerdotesse, sono soprattutto una leggenda. C'erano dei sacrifici, dovuti alla rigida disciplina ma occorre contestualizzare, confrontando l'esistenza di queste donne, servite con ogni onore, con la condizione di vita di una donna dell'epoca. Solo allora potremo giudicare bene la questione.

mercoledì 7 agosto 2013

Lanterne Rosse

L'estate porta con sé molto tempo libero, a meno che tu non debba studiare o lavorare.
Io appartengo alla prima categoria, ovvero lo studio.
Ho scritto alcune recensioni su dei generi che ho letto e che, almeno un po', mi sono piaciuti. Sono una lettrice onnivora e leggo quasi tutto, anche se non sembra. Oggi però, ho deciso di scrivere una recensione su un film, a partire da quella che funge da presentazione alla pellicola.

Lanterne rosse

 

Lanterne rosse (Cinese semplificato: 大红灯笼高高挂; Cinese tradizionale: 大紅燈籠高高掛; pinyin: Dà Hóng Dēnglóng Gāogāo Guà; letteralmente "Appendete in alto la grande lanterna rossa") è un film del 1991 diretto da Zhāng Yìmóu, basato sul romanzo Mogli e concubine di Su Tong.
Con questa opera la Cina si affaccia alla ribalta cinematografica.[1]

Trama

Cina del Nord, periodo dei signori della guerra, 1920: dopo la morte del padre, la giovanissima studentessa universitaria Songlian decide di sposare Chen Zuoqin, maturo discendente di una antica dinastia, per contrasti insanabili con la matrigna. Lui ha già tre mogli: Yuru, Zhuoyun e Meishan, e tutte aspettano che davanti alla loro porta vengano appese le lanterne rosse, che stanno a significare che il marito passerà la notte con loro e che potranno disporre di certi privilegi per il giorno in corso e per quello successivo, fino a che le lanterne non si accenderanno di nuovo.
Songlian ben presto si rende conto di cosa in realtà la aspetti tra le mura del palazzo e quanto quel semplice massaggio ai piedi, privilegio per la prescelta, stia divenendo un'ossessione: Zhuoyun, la seconda moglie, nonostante i suoi modi gentili, in realtà la odia, e con la complicità di Yan'er, la domestica di Songlian, trama alle sue spalle ricorrendo a malefici mortali; la stessa Yan'er sogna di essere scelta come concubina e nell'attesa accende le lanterne rosse usandole di nascosto; Meishan, ex-soprano ancora attraente e quindi ancor più gelosa delle attenzioni rivolte a Songlian, finge di avere continui malori (complice il medico di famiglia Gao) e disturba l'intimità della coppia con il suo canto. Dopo un incidente con Zhuoyun in cui per un errore calcolato dalla stessa le taglia parte dell'orecchio, Songlian, per riconquistare le attenzioni di Chen, che la trascura per punirla del suo continuo malcontento, finge di essere incinta, e nel palazzo si festeggia illuminando il cortile con le lanterne. Intanto Feipu, figlio di Yuru e Chen, torna, affascinando Songlian con il suono del flauto, cosa che il padre di lei faceva quando era in vita, ma Chen, saputo che lei teneva un flauto in camera glielo brucia, non sapendo che era l'unico ricordo che Songlian avesse del defunto padre. Yan'er, scoperto l'inganno di Songlian, riferisce tutto a Zhuoyun, che attraverso un sospetto di malattia fa visitare Songlian e rivela l'inganno.
Chen indignato fa coprire di nero le lanterne del cortile, segno di umiliazione eterna, e Songlian, per tutta risposta, brucia le lanterne rosse usate da Yan'er nella sua camera, e rivela la vergogna della domestica; questa viene punita con l'inginocchiarsi nella neve per ore, cosa che provocherà la sua morte per polmonite. Songlian per l'accaduto cade in depressione e si ubriaca, rivelando il patto e la tresca di Meishan e Gao, e causando così anche la morte della terza moglie, con cui Songlian era infine entrata in confidenza, che viene impiccata nella camera della morte come altre prima di lei. Scoperto l'accaduto e ormai sull'orlo della follia causata da quell'ambiente in cui le concubine vengono depravate dalla competizione tra loro, dalla gelosia e dalla reclusione seppure dorata, Songlian impazzisce: addobba la casa di Meishan con le lanterne, suona un suo disco e crea l'illusione di un fantasma nella casa. Trascorre un anno, e vediamo Songlian vagare in trance nel cortile. L'ultima moglie di Chen, una giovanissima ragazza poco più che bambina appena giunta al palazzo chiede chi sia costei: "Era la nostra quarta signora - le viene risposto - è diventata pazza". La vita delle concubine continua: la stessa che Songlian non ha potuto sopportare.

Differenze con il libro

  • La tradizione delle lanterne rosse, non presente nel libro, non ha riscontri storici.
  • Di conseguenza, gli episodi di Yan'er che appende le lanterne rosse nella sua stanza e della sua punizione sono stati aggiunti dagli sceneggiatori.
  • Yan'er nel libro muore di tifo (e non di polmonite) dopo che Songlian la obbliga a mangiare un pezzo sporco di carta igienica dove era stato disegnato il suo ritratto (un altro tentativo di fattura da parte di Zhuoyun).
  • Songlian non finge di essere incinta per far trascorrere più tempo a Chen nella sua stanza, né infrange la tradizione pretendendo di pranzare in camera.
  • Nel libro Zhuoyun non accusa apertamente Songlian di averle tagliato l'orecchio di proposito.
  • Al posto della "stanza della Morte", nel libro le concubine traditrici vengono gettate in un pozzo nel cortile posteriore.
  • Meishan non viene "tradita" da Songlian; è Zhuoyun che, di sua iniziativa, la segue e la smaschera.
  • Il rapporto con Feipu è molto più profondo di quanto mostrato nel film, diventando addirittura causa di un litigio tra Yuru ed il figlio.
  • Dopo la morte di Meishan, Songlian non inscena nessun trucco per far credere che il fantasma della terza signora aleggi sulla casa.

Curiosità

  • Chen non si vede quasi mai in volto.
  • Il film nell'edizione cinese è stato pesantemente censurato.
  • Il film ha rivelato agli occidentali il fascino di Gong Li, la protagonista, che venne in seguito ingaggiata da Hollywood.

 COMMENTO

Ho visto questo film per puro caso ed ammetto che è il primo film del cinema cinese, impegnato, che vedo, grazie a Rai Movie. Gong Li è un'attrice di spessore. Ha una fisionomia che buca letteralmente lo schermo. Il film si struttura come un'immensa tragedia greca, sul piano della forma. Tutto avviene in un ambiente chiuso, dove il movimento è davvero minimo. La casa del nobile che la protagonista sposa ha toni freddi e statici che, con l'andar della pellicola creano uno spazio claustrofobico e asfittico, simile ad una gabbia. Meishan, con il suo canto, assomiglia ad un uccellino in gabbia e rende bene l'idea della condizione delle mogli. 

I dialoghi sono apparentemente gentili ma, con il prosieguo della storia, si percepisce sempre di più la cattiveria in essa contenuta. A farne le spese, sono la terza e la quarta moglie, entrambe insofferenti per la loro condizione. 

Chen compare pochissime volte sulla scena e, altra finezza del regista, appare sempre come una sagoma semicelata nella casa, al punto che non si vedono i suoi tratti. La sua importanza è tuttavia enorme, al punto da determinare la vita e la morte delle sue mogli, senza nessun rimorso per le sue azioni. E'un personaggio esterno alla casa, che tiranneggia con una durezza senza pari, senza curarsi degli attriti tra le proprie mogli. 

Per parte loro, la competizione reciproca è sottile e pericolosa. Nemmeno avere dei figli serve a mettere le spose al riparo da questa guerra sotterranea che Chen maneggia a suo piacimento, fomentandola con la sua scelta. Songlian non reggerà a questo clima perché non sa dissimulare come le prime due spose e non riesce a mantenere il controllo. L'astuzia della seconda moglie ha la meglio, grazie all'aiuto della serva di Songlian. La modernità di Songlian le impedisce di adattarsi a questa vita reclusa, che aveva accettato inizialmente per sfuggire alla matrigna.

Anche Meishan è perdente in questo schema corrotto. Ha lasciato le scene ma ne sente la mancanza, come dimostra il suo continuo cantare, sia pure per infastidire Chen e Songlian. Ha scelto questo matrimonio per avere le comodità ma il prezzo è altissimo. Nemmeno un figlio serve a migliorare questa prigionia...e troverà la fuga nel tradimento con un dottore, cosa che la porterà alla sua tragica fine. 

I delitti della casa, frutto del castigo di Chen sono avvolti nella più profonda omertà, dal momento che il padrone ha diritto di vita e di morte sui suoi abitanti. L'interesse per le mogli si manifesta nelle visite alle loro case e in doni che tuttavia non possono ripagare le perdite affettive, come il flauto di Songlian. 

Il film è davvero incisivo, sebbene non vi siano scene violente. La staticità degli ambienti, ripetitiva e inquietante, è magnifica perchè esprime benissimo la prigionia ed il degrado dei suoi abitanti. La protagonista e gli altri personaggi sono magnifici e consiglio a chi volesse di dargli un'occhiata. Da vedere,

      

 

venerdì 26 luglio 2013


Contratto fataleAutore:
Jennifer Probst
Contratto Fatale

Autore:Jennifer Probst
Edizione:Corbaccio
Costo: 13,90 euro
Genere: Letteratura erotica


Trama:
Il miliardario italiano Michael Conte deve trovare una moglie a tutti i costi per permettere alla sorella di sposarsi: queste sono le regole imposte dalla sua famiglia, che lui antepone a tutto. E quando scopre che l'amica e fotografa Maggie Ryan sarà a Milano per fare un servizio di moda, decide di presentarla ai suoi come la sua fidanzata. Che importa se Maggie è una donna emancipata, indipendente e dominatrice...E che importa se Maggie è l'ultima persona che Michael vorrebbe come moglie, anche se è la prima che vorrebbe nel suo letto! Convinta del fatto che Michael sia in realtà innamorato della sua amica nonché cognata Alexia, Maggie decide di stare al gioco, purché lui stia lontano da Alexia. E anche se non è affatto attratta da Michael, che le sembra troppo freddo e prepotente. Certo, una volta che i due sono arrivati in Italia, le cose sembrano assumere tutta un'altra prospettiva e fra Maggie e Michael si crea una tensione erotica inimmaginabile e insostenibile...
RecensioneIl secondo capitolo della saga della Probst comincia da dove è terminato il primo, Contratto Indecente. La storia si sposta da New York all'America con due protagonisti che nel primo libro hanno avuto uno spazio di comprimari. I personaggi principali sono abbastanza accattivanti e diversi da Alexia e Ryan del primo capitolo. Lei è una donna che si è fatta da sé e che, come il fratello, ha pagato salato il comportamento pessimo dei genitori. Lui ha invece un fortissimo senso della famiglia, anche se il dovere lo ha spinto a rinunciare a tutte le cose che amava.
Questi sono gli elementi salienti di Maggie e di Michael che in questo capitolo perde la maschera da latin lover. Ammetto che alcune cose mi hanno lasciato perplessa, come la scelta della location italiana: Brescia. Nominalmente, la città è quella ma il luogo descritto ha tutte le caratteristiche stereotipate del mondo italiano, vagamente meridionale, immaginato dagli americani: senso della famiglia, la donna sottoposta all'autorità del capofamiglia, il rispetto della tradizione ecc... Per noi lettori e lettrici italiane questa cosa stona un po' ma credo che dobbiamo guardare oltre e goderci la storia per quello che è. Una questione di lana caprina, insomma.
Il racconto, a parte questa scelta, scorre liscio come l'olio, senza stonature o passaggi forzati. Anche la vaga, molto vaga, scena che si ispira al Sadomaso, senza esserlo nemmeno un po', è particolarmente accattivante, ironica e giocosa, quasi da burlesque. La Probst sa il fatto suo nel miscelare eros, sentimenti e ironia. Anche questo romanzo, i problemi di coppia hanno una base abbastanza realistica e vengono affrontati come tali. L'originalità pecca un po', in quanto i clichés abbondano ma occorre dire che sono posti in modo magistrale e anche questo conta. Credo che accorpare la Probst alla scia delle 50 Sfumature sia un errore grossolano.
Il sesso nei due romanzi di questa trilogia c'è ma è qualcosa di piacevole e non fine a sé stesso. L'autrice prepara il terreno con maestria, prima di passare alla parte fisica, secondo la migliore delle tecniche di scrittura erotica: creare uno sfondo. Cosa che avviene anche qui. La formula narrativa è la stessa del primo libro ma, considerando che il titolo della saga ha a che vedere con lo sposare un milionario, penso che sia ovvio che vi siano delle somiglianze di fondo.
Personalmente, ci sono molti approfondimenti sulla psicologia dei personaggi, a scapito forse della leggerezza.
La differenza rispetto a Contratto Indecente è forse questa. Alexia e Ryan sono molto più impacciati e ingenui forse, cosa che dona alla storia maggiore brio. Meg e Michael invece sono personaggi più spigolosi, con quella fame d'affetto e di comprensione che non si riscontra nella prima coppia. Il peso dell'assenza di una famiglia è più gravoso in Meg che in Ryan, il quale ha sofferto maggiormente l'inettitudine del padre. Meg ha subito entrambi i coniugi, rendendo il tutto più duro e cupo. Michael è invece schiacciato dal senso del dovere verso la famiglia, dietro all'apparenza espansiva e giocosa. La Probst, comunque, non indulge in questo tipo di elementi ed evita il melò come la peste. Poteva farlo ma non è andata così. Prudentemente, ha scelto di mantenere l'equilibrio originale, lasciando che i due personaggi risolvessero le cose con il dialogo. Una scelta molto intelligente e sensata che evita quegli inutili drammi che tuttora si leggono in giro. Consiglierei questo libro a coloro che hanno letto le 50 Sfumature o ai seguaci di Twilight...giusto per disintossicarsi un po'.
VOTO: 8 1/2